Zoe, l’avvoltoio sacro agli egizi, ha sostato in Molise

JELSI, 7 settembre 2020 ore 8:00. “Lino, senti abbiamo trovato uno strano uccello. Non capiamo di cosa si tratta. Ha un becco lungo, ha degli anelli alle zampe.” Chiedo io: “Ma cos’è?”. “Ma non lo so, non l’abbiamo mai visto.” “Francesca sveglia!” La mia compagna: “Che succede?” “Niente, vestiti veloce! Dai, andiamo! Hanno trovato un uccello strano!” In questi momenti la curiosità ti assale come un bimbo prima di scartare il regalo. Vestirsi è un lampo e uno spruzzo d’acqua in faccia. “Ma neanche il caffè?” “No, neanche quello.”

Le parole mattutine di Francesca in macchina, mentre io pensavo: “Cosa potrebbe essere?”. Già immaginavo tutti gli uccelli con il becco lungo. “Un airone, potrebbe? Un airone cenerino, un chiurlo? Mi sfogliavo in mente tutte le immagini delle mie guide del birdwatching. Uccello grosso… ma poi gli anelli alle zampe. Cinque minuti ci vogliono per arrivare lì, la curiosità mista alle emozioni era crescente come una luna al suo ciclo finale.

Arriviamo. Michele D’amico e Andrea Valiante, i miei amici che poco prima mi avevano chiamato, mi conoscono bene e sanno che mi occupo di animali selvatici e li studio. Forse un po’ il merito di queste segnalazioni che mi giungono è perché a Jelsi, i resilienti di “San Amanzio”, con la loro associazione culturale, hanno sempre promosso tante attività e tra queste anche quella di creare coscienza naturalistica. Negli anni si è così creata una bella rete di persone attente al territorio e a quello che gli circonda.

“È lì, vicino al recinto delle galline”. Che fine o che onore? Tutte donne per un regale rapace! Ma successivamente scopriremo trattarsi di una femmina. Fa alcuni passi. È il passo sornione dell’avvoltoio, di quelli che nei documentari degli Angela si avvicinano alle carogne. Mi ritorna subito l’immagine dell’adulto bianco e nero, con mascherina come una frittata gialla in faccia, che si avvicina, con il sassolino in bocca, all’uovo di struzzo. Un capovaccaio!! Che ci fa qui!? Gli occhi sgranati increduli. Mi avvicino. È proprio lui. Era un po’ come la scena del benvenuti al Jurassick Park dove il dottor Alan Grant vede per la prima volta il brachiosauro nella palude. Beh, pur sempre di dinosauro si tratta, anche se un bel po’ più evoluto.

Mai avrei immaginato che quando mi hanno contattato mi fossi ritrovato davanti una specie a rischio di estinzione, specie rara in Molise dove si annotano pochissimi avvistamenti. Chi avrebbe mai pensato che una delle specie di avvoltoio d’Europa decidesse di planare e sostare a Jelsi, in Molise? Neophronpercnopterus, il più piccolo avvoltoio europeo che in Italia è sull’orlo dell’estinzione, era davanti ai nostri occhi. L’adulto si riconosce per un piumaggio prevalentemente bianco sporco (bruno nei giovani) e una coda da una caratteristica forma a cuneo. L’apertura alare che può raggiungere i 165 cm. Ho capito subito che si trattava di un evento unico, raro. Scopriremo dopo che il suo nome è Zoe e la sua carta d’identità è rappresentata da un anello plastico (azzurro con codice alfabetico di tre lettere bianche alle zampe).

Prendo il telefono che in quel momento è come se fosse cibo bollente, saltella da una mano all’altra dall’emozione.

Chiamo immediatamente Lorenzo De Lisio, mio caro amico prima e dopo collega, tra le persone più calme del mondo che conosco. Strabilia anche lui alla notizia, ma della calma serafica di cui è naturalmente dotatosi ricompone e inizia ad attivare la macchina del soccorso. Così vengo contattato da Guido Ceccolini e mi informa che Zoe arriva dalla Toscana ed è parte di un progetto europeo, il LIFE EGYPTYANVULTURE. Mi spiega che con tale progetto si vuole migliorare lo stato di conservazione del capovaccaio in Italia e in Spagna (Isole Canarie), mediante la riproduzione ex-situ e rilascio in natura di individui nati in cattività con la speranza che si instauri un contingente di individui che ritornino negli stessi posti dove sono stati rilasciati. Si, perché Zoe è una migratrice, è stata liberata nel Parco Naturale della Murgia Materana, poi ha vagato verso nord e per questo è arrivata qui da noi. Alcuni individui lo fanno prima di puntare verso sud e riprendere la rotta verso l’Africa, in Mali o Niger, dove trascorrerà la sua giovinezza per 4 o 5 anni. Ritornerà, si spera, qui in Italia con altri individui per riprodursi.

Sino agli inizi del XX secolo nelle campagne di vaste aree rurali italiane il mese di marzo si accompagnava alla comparsa del capovaccaio che segnava l’arrivo imminente della primavera. Allora, infatti, oltre 100coppie nidificavano nelle regioni tirreniche e nel Meridione d’Italia. Oggigiorno, invece, di questo piccolo eplacido avvoltoio rimangono solo una decina di coppie nidificanti, distribuite in Basilicata, Calabria e Sicilia, che rivelano un tracollo della popolazione del 90%. Del resto la situazione è critica in tutta l’Europa, dove la specie, che conta circa 3.000-4.700 coppie distribuite attorno al bacino del Mediterraneo, ha registrato un calo del 50% negli ultimi 40 anni. In Pericolo Critico, questa è la classificazione del capovaccaio nella Lista Rossa dei Vertebrati Italiani.

Ma intanto che fine ha fatto Zoe? È qui che aspetta placida e gioca con un limone messo lì alle galline. Forse crede sia un uovo, chissà, e tenta di romperlo. Pazzesco l’istinto come possa esprimersi! Arriva Carlo Fracasso che porta una vaschetta di petti di pollo. Qui va di lusso, in natura va di carogne! Ma è il suo cibo.

Questi gusti lo rendono un utile spazzino dell’ambiente naturale, in grado di riciclare materiale di scarto e di evitare la diffusione di agenti infettivi (zoonosi). Zoe gradisce e recupera un po’. In effetti il motivo per cui si è fermata qui, è che il lungo viaggio l’ha parecchio debilitata. A detta di chi ha esperienza, può succedere e si deve essere pronti ad intervenire, come in questo caso. Infatti nel giro di poche ore e chiamate varie, si è riusciti ad organizzare una staffetta.

Aspettiamo che arrivi la staffetta organizzata dal CRAS di Matera (Centro Recupero Animali Selvatici), dove opera Matteo Visceglia, e dalla Lipu di Foggia con Enzo Cripezzi. Come hanno fatto a capire che Zoe fosse finita proprio qui, a Jelsi? Zoe indossa un piccolo datalogger sul dorso, che non crea problemi all’animale e consente di segnalare costantemente gli spostamenti mediante la raccolta e trasmissione di posizioni GPS.

Appena arrivano i soccorsi dalla vicina Puglia, carichiamo Zoe in una scatola comoda per lei e pronta per il viaggio verso Matera. Ci arriverà nel pomeriggio dello stesso giorno. Gli esperti dicono che deve riacquistare peso e ci vorranno alcuni giorni. Converrà aspettare la prossima primavera per rilasciarla. Solo allora potrà incontrare i suoi simili e aggregarsi per imparare la giusta rotta verso l’Africa, la stessa che hanno percorsi i capovaccai rilasciati prima di lei negli anni precedenti. Io, intanto, me la guardo per l’ultima volta Zoe, la dea d’Egitto, con la promessa che per il prossimo anno la rivedrò lì, da Matera per il suo lungo viaggio.

Chissà se un giorno Zoe tornerà in Molise e magari trovasse condizioni ottimali per riprodursi sulle nostre belle montagne molisane.

Lino Cirucci

laureato in Biodiversità e Conservazione della Natura.

Master di 2° livello in Capitale naturale e aree protette.

Pianificazione, progettazione e gestione.

Collaboratore del WWF Molise.

Si occupa di monitoraggio  dei vertebrati, in prevalenza anfibi e rettili nella regione.

Francesca Spensieri

laureata in Scienze e Tecnologie Forestali e Ambientali.

Si occupa di monitoraggio di flora e fauna nella regione Molise.

Ha Collaborato con WWF e LIPU per progetti di educazione ambientale.