Al di là del clamore degli ultimi giorni, a seguito del quale si sta procedendo ad un intervento di derattizzazione straordinaria, il problema dei topi a Campobasso non è certo una novità.
Ma non è per particolari caratteristiche della Città, quanto perché la convivenza tra topi ed uomini e sempre stata una costante nella Storia. Basti pensare che un tempo le peggiori malattie (la peste in primis) erano diffuse proprio dai roditori che circolavano indisturbati, sino all’avvento dei cacciatori di ratti. Costoro furono utilizzati in tutta Europa allo scopo di mantenere sotto controllo la diffusione delle epidemie. E mentre ogni anno nascono professioni nuove, che non avremmo mai immaginato (superando anche la fantascienza), ci sono tante antiche professioni che, non più relegate al “C’era una volta”, vengono recuperate e riadattate alla nuova società. Una di queste potrebbe proprio essere quella del cacciatore di topi, come ha intuito Kathrin Hirsbrunner (scultrice di formazione) che è la prima (e sola) “cacciatrice” in Svizzera. Al 2018 aveva eliminato circa 90.000 esemplari sia su incarico di agricoltori e sia di società che gestiscono aeroporti, nonché per la Fifa (campi di calcio). Da molto prima delle trappole e delle disinfestazioni, quindi, l’uomo si è ingegnato nelle maniere più disparate per sconfiggere questi molesti animali, fino addirittura all’uso delle armi da fuoco. Pur se apparentemente meno “venefica” delle esche avvelenate, “la caccia grossa” appare alquanto inadeguata, specie nei centri urbani, Sarebbe preferibile una soluzione di minor impatto, con maggiori caratteristiche artistico-ecologiche, al pari di quella del pifferaio di Hamelin, i cui risultati finali, però, sono tutti da verificare. (Paolo Giordano)
