E ancora il caro Amico Giorgio arricchisce la rubrica “Alesia ed i suoi compagni di viaggio” con un contributo interessante, su un tema di grande attualità e rilevanza
di Giorgio Elio Pappagallo*
E’ sorprendente che nel recente dibattito sulle deroghe al codice degli appalti per le grandi opere del piano nazionale di ripresa e resilienza, l’utilizzo indiscrimanato del criterio di aggiudicazione al massimo ribasso abbia trovato ancora oggi ed in tutte le sedi, molti propugnatori e sostenitori. A ben vedere una tale difesa non dovrebbe stupire più di tanto se pensiamo a quanto grandi siano stati e siano ancora oggi gli interessi che girano intorno ai pubblici appalti. Le ragioni, per chi vuole conoscerle, sono tutte spiegate nell’appello fatto nella Francia del ‘600 dall’architetto Sebastien Le Prestre:
Eccellenza Ministro della Guerra,
abbiamo opere di costruzione che trasciniamo da anni non mai terminate, e che forse terminate non saranno mai.
Questo succede, Eccellenza per la confusione causata dai frequenti ribassi che si apportano nelle opere Vostre, poiché va certo che tutte le rotture di contratti, così come i mancamenti di parola ed il ripetersi degli appalti ad altro non servono che ad attirarVi, quali Impresari, tutti i miserabili che non sanno dove batter del capo ed i bricconi e gli ignoranti, facendo al tempo medesimo fuggire da Voi quanti hanno i mezzi e la capacità per condurre un’impresa.
E dirò, inoltre che tali ribassi ritardano e rincarano considerevolmente i lavori, i quali ognora più scadenti diverranno.
E dirò pure che le economie realizzate con tali ribassi e sconti cotanto accanitamente ricercati, saranno immaginarie, giacché similmente avviene per un Impresario che perde, quanto per un individuo che s’annoia: s’atttacca egli a tutto ciò che può, ed attaccarsi a tutto ciò che si può, in materia di costruzioni, significa non pagare i mercanti che forniscono i materiali, compensare malamente i propri operai, imbrogliare quanta più gente si può, avere la mano d’opera più scadente, come quella che a minor prezzo si dona, adoperare i materiali peggiori, trovare cavilli in ogni cosa e leggere la vita ora di questo ora di quello.
Ecco dunque quanto basta, Eccellenza, perché vediate l’errore di questo Vostro sistema; abbandonatelo quindi in nome di Dio; ristabilite la fiducia, pagate il giusto prezzo dei lavori, non rifiutate un onesto compenso ad un imprenditore che compirà il suo dovere.
Sarà sempre questo l’affare migliore che Voi potrete fare.
Architetto Sébastien Le Prestre Marchese di Vauban
Parigi, il 17 luglio del 1693
Una denuncia accorata che a distanza di più di tre secoli resta quanto mai pertinente e attuale. Se nel criterio del massimo ribasso si annida generalmente un evidente pericolo per la trasparenza e la corretta esecuzione degli appalti pubblici, è vero pure che tale pericolo è notevolmente accresciuto quando ad essere interessati sono gli interventi sul patrimonio storico e monumentale. Proviamo a spiegarlo.
Operando nel campo del restauro l’imprevisto è sempre alle porte causa la difficoltà di rilevare preventivamente e con esattezza tutte le complesse trasformazioni che hanno interessato nel tempo le fabbriche storiche, la natura di tutte le apparecchiature murarie nascoste sotto gli intonaci, l’esistenza di intercapedini e cavedi, la presenza di decorazioni murarie scialbate, o di conoscere i tracciati di vecchie reti impiantistiche cresciute e adeguate nel tempo senza alcuna mappatura. Questo è tanto più vero quando pensiamo che gli interventi vengono spesso realizzati su edifici demaniali, con servizi pubblici che non possono essere sospesi o interrotti. Non è dunque improbabile che in corso d’opera si debba correggere alcuni aspetti tecnici o ricorrerere necessariamente alla redazione di varianti per adeguare il progetto ed i costi dell’opera. In questi casi le riserve dell’appaltatore possono esaurirsi in contestazioni di dettaglio con la speranza di conseguire un supplemento di corrispettivo; altre volte la contestazione tocca strumentalmente aspetti sostanziali del progetto e le varianti divengono allora il pretesto più grande per recuperare velocemente il ribasso offerto.
Teniamo conto che un ribasso troppo forte non è quasi mai frutto di un errore di valutazione, piuttosto di un calcolo preventivo. Prima di tutto aggiudicarsi la gara, poi tentare con vari espedienti di recuperare in corso d’opera parte del ribasso offerto e assicurarsi eventualmente margini di profitto. Si mette allora in dubbio l’attendibilità del progetto per contestare la immodificabilità del prezzo pattuito e negoziare condizioni di prezzo più favorevole.
Questi aspetti sono ben noti e l’Autorità di Vigilanza ha ben chiarito le implicazioni quando scrive: sembra [..] emergere una specializzazione di alcune imprese nel contestare sistematicamente le scelte progettuali e/o le attività poste in essere dalla Direzione Lavori, al fine di ottenere un riconoscimento economico. [..] emerge, poi, una stretta relazione tra il ricorso all’accordo bonario ed il forte ribasso (in genere superiore al 20%) offerto in sede di gara. L’accordo bonario appare, pertanto, strumentalmente utilizzato dall’impresa per correggere la formulazione di offerte non pienamente ponderate in sede di appalto o, comunque, recuperare parte del ribasso offerto (Determinazione n.5/2007).
Il nostro marchese di Vauban ci chiarisce anche le conseguenze di queste procedure sull’andamento dei cantieri: tali ribassi ritardano e rincarano considerevolmente i lavori. Ritardi dunque esasperanti nel completamento delle opere ed un considerevole rialzo dei costi d’esecuzione. Tutti coloro che pur distrattamente hanno seguito le cronache degli appalti pubblici, possono facilmente confermare questi risultati.
E’ giusto anche osservare che il continuo procrastinare i tempi di completamento delle opere pubbliche innesca inevitabilmente altri fattori di rischio che non fanno che alimentare le conseguenze già negative. Mi riferisco al ricambio inevitabile di politici e dirigenti non facilmente inclini a perseguire gli obiettivi assunti dai propri predecessori ma piuttosto ad assecondare le proprie inclinazioni personali o a rispondere a un quadro di esigenze culturali sempre mutevole e vario.
Un caso emblematico è sicuramente il cantiere dei Nuovi Uffizi (aggiudicato con il 43,78% di ribasso) con tutte le relative vicende sulla discussa loggia Isozaki. Pensiamo soltanto che dalla data d’inizio dei lavori (2006) ad oggi, si sono succeduti nelle diverse istituzioni preposte alla vigilanza e controllo sull’andamento dei lavori, 10 ministri e 10 dirigenti superiori. Tra questi l’ultimo in ordine è il direttore della Galleria Eike Schmidt. E siamo ancora al 60% sullo stato di avanzamento dei lavori! Ovviamente anche gli annunci ufficiali relativi alla data di completamento del cantiere si sono succeduti con cadenza annuale. Il più recente, fatto dal direttore Schmidt, prevede la conclusione nel 2024. Verrebbe da chiedere dove sia andata a finire quell’esigenza di far fronte ai ritardi incomprensibili dei lavori con cui il ministro Bondi giustificò nel 2009 il commisariamento del cantiere.
Sull’altro aspetto ricordato da Le Prestre, quello relativo ai rincari considerevoli dei lavori, non possiamo indicare, in assenza di rendiconti ufficiali, quanto finora speso nel cantiere degli Uffizi e quanto ancora dovrà essere finanziato. Dobbiamo accontentarci degli sporadici annunci raccolti dalla stampa locale. Sappiamo così che l’investimento complessivo per l’ampliamento e l’adeguamento della gallerie ammonta a oltre 100 milioni. (Redazione Nove da Firenze 25 febbraio 2019). Sarà vero? A quanti abbiano interesse per la questione possiamo dire soltanto che il valore del contratto stipulato nel maggio 2006 per l’esecuzione del primo lotto dei lavori (dei due previsti per il completamento generale del progetto) ammontava a seguito del ribasso offerto ad euro 29.482.466,26. Il secondo lotto, da finanziare successivamente con i ribassi ottenuti nella prima gara, era stimato nel computo di progetto poco meno di sei milioni di euro.
Se dopo tanti anni e dopo tutte le vicende che hanno segnato e segneranno ancora il cantiere degli Uffizi, andiamo a rileggere le dichiarazioni entusiastiche fatte dopo l’aggiudicazione al massimo ribasso dall’allora direttore del MIBAC, Roberto Cecchi, e pubblicate nel volume “cantiere dei Nuovi Uffizi” (Gangemi editore – 2007) – Il dato più appariscente del progetto dei Nuovi Uffizi è l’esito dell’appalto. Il restauro di oltre ventimila metri quadrati della Galleria verrà a costare poco meno di trenta milioni di euro; un prezzo assolutamente contenuto e dunque un’occasione particolarmente vantaggiosa per l’amministrazione dei beni culturali, che nei prossimi cinque anni potrà mettere a punto e raddoppiare l’attuale superficie espositiva del più importante museo del mondo, con una spesa di meno di millecinquecento euro al metro quadrato – capiamo bene quanto malfondate fossero state queste previsioni e quanta ragione mantenga ancora la considerazione conclusiva di Le Prestre: che le economie realizzate con tali ribassi e sconti cotanto accanitamente ricercati, saranno immaginarie.
*Giorgio Elio Pappagallo, è stato architetto direttore coordinatore della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Firenze. Ha progettato e diretto, tra molti altri, il restauro della Basilica di san Miniato al Monte, del Kaffehaus nel giardino di Boboli, del convento della Maddalena a Fiesole, della pieve di S. Leolino e di quella di Miransù a Rignano sull’Arno, del complesso di S. Lorenzo a Pistoia e della sala del cenacolo nella badia vallombrosana di Passignano; ha diretto a Firenze le indagini archeologiche nella ex chiesa di san Pier Scheraggio, in piazza Castellani e nell’edificio della Magliabechiana; è stato direttore dei lavori e coordinatore nel cantiere dei Nuovi Uffizi (2004-2010); ha redatto e diretto il progetto del nuovo archivio di Stato nel complesso ex carceri dei domenicani a Livorno; è autore di articoli e pubblicazioni tra cui Il progetto di restauro, in San Leonino a Rignano (2000); I marmi di san Miniato al Monte (2003); San Lorenzo a Pistoia, origini e storia di un convento agostiniano (2004); La fabbrica degli Uffizi, indagini e ritrovamenti (2011).