Cause economiche e storiche della crisi ucraina, dal crollo dell’URSS all’invasione della Crimea, tra divisioni interne e interessi internazionali
di Marco della Ventura
L’odierna situazione geopolitica è il risultato di un processo storico, politico ed economico. Infatti, nello scorso secolo, l’Ucraina è stata una delle prime nazioni a distaccarsi da Mosca dopo il crollo dell’URSS; tuttavia, non sembra che gli attriti siano cessati. Tutto ciò a causa di una disomogeneità interna: l’Ucraina è tendenzialmente uno Stato filoeuropeo, e, nonostante non faccia parte della NATO, ha interagito politicamente ed economicamente con l’UE nel corso della sua storia; tuttavia, è presente un’oligarchia filorussa a capo dell’economia del Paese. Ciò è dovuto alla caratterizzazione culturale che la accomuna alla Russia stessa, essendo state entrambe politicamente congiunte sotto l’impero zarista e in seguito nell’URSS. Le tensioni tra Russia e Ucraina successive al 1991 sono sfociate nella nota crisi del 2013, anno in cui il Presidente filorusso Viktor Yanukovich rifiutò di firmare l’accordo di associazione con l’Unione Europea; questo episodio provocò la protesta della popolazione locale e la conseguente espulsione del Presidente. La Russia reagì invadendo la Crimea nel febbraio del 2014: la popolazione crimeana, a maggioranza russa, espresse il 95% di consenso per l’ottenimento dell’indipendenza dall’Ucraina nel referendum indetto nello stesso anno. Oggi la Crimea è una repubblica autonoma annessa alla Federazione russa, ma non riconosciuta dall’UE e dagli USA.
Il Presidente russo, potendo dunque contare sul favore di una parte della popolazione ucraina, alimentò una rivolta dei separatisti sul confine, alla quale seguì la proclamazione di due Repubbliche autonome. Al giorno d’oggi sono per lo più i cittadini di queste due entità politiche a sostenere il governo Putin. Gli scontri sul confine hanno raggiunto il numero di 14mila morti e non si sono ancora del tutto esauriti. Questo intervento cela enormi interessi economici: infatti la Crimea offre alla Russia uno sbocco diretto al Mar Nero, un asso nella manica per il controllo del Mediterraneo da parte della grande potenza.
Ma non dimentichiamo gli interessi dei 27 Paesi dell’UE: il continente deve il suo approvvigionamento energetico alla Russia, considerando che due unità su cinque del gas utilizzato dall’Europa provengono da Mosca. Sfortunatamente, l’Europa ha come potenziali fornitori di gas la Norvegia, l’Algeria, il Qatar e gli USA, ma nessuna di queste nazioni sembra essere in grado di assicurare la quantità di gas fornita dalla Russia. Eppure, le minacce di Putin sono solamente intimidatorie: è chiaro che un intervento così estremo avrebbe ingenti ripercussioni sull’economia russa.
E allora ci si potrebbe chiedere, perché Mosca lo scorso dicembre ha schierato 100mila soldati sul confine ucraino? Il Presidente Putin vede nell’espansione della NATO sullo scacchiere eurasiatico una minaccia per la sua nazione. Non ci lascia affatto sorpresi, dunque, la pressione esercitata sull’Ucraina, per impedirle di far parte del Patto dell’Atlantico del Nord. I leader politici, tuttavia, stanno agendo in base ad accordi diplomatici. L’ultima notizia riguarda il Presidente Biden: intervistato dalla NBC, sostiene di voler ritirare le truppe americane dall’Ucraina: «Non è come avere a che fare con una organizzazione terrorista, abbiamo a che fare con uno dei più grandi eserciti del mondo, è una situazione molto differente e le cose potrebbero impazzire velocemente. La guerra mondiale è quando americani e russi cominciano a spararsi» ha detto il capo statunitense. In realtà Biden ha sollecitato anche i suoi cittadini a lasciare l’Ucraina rapidamente. Se, dunque, da una parte gli Stati Uniti hanno la necessità di imporsi nuovamente in Europa dopo la politica isolazionista dell’era Trump, dall’altra il rischio di una seconda Guerra Fredda condurrà davvero i leader mondiali ad intraprendere azioni diplomatiche definitive?