Tutti saranno istruiti da Dio

XIX Domenica del tempo ordinario (b)

Commento a Gv 6,41-51

Il discorso fatto da Gesù dopo la moltiplicazione dei pani scandalizza una parte dei correligionari della Galilea, i quali non riescono a conciliare le aspettative nutrite verso il messia atteso con il modo in cui il Cristo, finalmente, si stava manifestando al mondo. Infatti egli era “nato da donna” e quindi non “disceso dal cielo”, come invece sarebbe dovuto succedere al ritorno di Elia, il profeta per eccellenza. C’è però una voce che sussurra al cuore di chi segue Gesù e lo riconosce come Messia, una voce che i suoi detrattori non riescono ad ascoltare, perché chiusi in una visione statica della Rivelazione; ciò li ha resi sordi alle grida dello Spirito.

+In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».+

Il fenomeno “Gesù” cominciava a farsi sentire anche fra i giudei, specie dopo i clamorosi segni che questi aveva compiuto. L’atteggiamento critico nei confronti del maestro di Nazareth si fa incalzante, specie in seguito ad alcune sue affermazioni: ” Come può costui dire: «Sono disceso dal cielo?»; questo anche in riferimento al fatto noto che Gesù era nato da una donna: Maria di Nazareth. Israele infatti aspettava sì, la discesa di qualcuno dal cielo, ma più precisamente nel ritorno di Elia (cfr. Mt 17, 11-12), il profeta assunto in cielo (cfr. 2 Re 2, 8-15) e di cui si profetizzava il glorioso ritorno; il “falegname” era invece nato come qualsiasi altro uomo (ovviamente nessuno sapeva del concepimento straordinario della madre di Gesù, a parte i diretti interessati).

Qual’è la cosa che più di tutte scandalizzava? Quando, anche i più smaliziati e mondani, arrossivano? Dove cedeva il limite dei tolleranti? Può essere il Messia un falegname? Può un uomo nato da donna dire che viene dal cielo? Quelli che pongono questa domanda conoscono bene quale sia la risposta, ma hanno la paura, anzi il terrore di ammetterlo: i segni dello Spirito che hanno accompagnato Gesù erano fin troppo eloquenti (cfr. Lc 7, 19-23); se mai qualcuno poteva dichiararsi “Messia”, questi era proprio Lui.

+Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi.+

L’atto di mormorare ci fa tornare in mente l’atteggiamento che Israele aveva assunto con Mosè (e quindi anche con Dio) nel deserto (cfr Es 16,3), il quale era diventato estremamente critico per la dure prove a cui era stato sottoposto: Gesù usa in questo brano il verbo “mormorare” facendo intendere che i suoi conterranei non stavano contestando solo lui, ma anche il Dio che dicevano di servire.

+Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.+

Che vuol dire essere attirati dal Padre? Si parla di predestinazione? Certamente non possiamo accedere alla comunione con Lui, se non attraverso lo Spirito, ma questa Grazia è universale, cioè disponibile per tutti. Tuttavia l’uomo è spesso tentato di stabilire da sè i modi e criteri di comunione con Dio, esattamente come facevano i nemici di Gesù, che credevano di essere ascoltati “moltiplicando le preghiere” e i sacrifici offerti al tempio di Gerusalemme. La via di comunione proposta da Gesù era invece l’accoglienza della Grazia elargita da Dio gratuitamente, la quale, operando, ci attira verso la conformazione a Cristo, nella misura in cui la nostra disponibilità diventa incondizionata: proprio questo ci lega alla resurrezione di Cristo e ce la fa ereditare.

+Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”.+

Tra il Figlio incarnato e il Padre non c’è un semplice legame, ma una comunione sostanziale che, per un mistero insondabile, si articola fino a rendere possibile il paradosso del Dio fatto uomo: l’infinito nel finito, l’imperituro nel mortale, l’indicibile che trova voce, l’impossibile che si realizza. Così chi ascolta Gesù, in modo “paradossale”, ode la voce di Dio esprimersi in un linguaggio accessibile, a portata di mente, così che tutti possano accedere alla più alta delle scienze.

+Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me.+

La presenza dello Spirito “parla” il ciascuno di noi, spetta a noi saperla discernere tra mille altre per andare nella giusta direzione. È proprio in questo modo che il Padre “attira” al Figlio, per mezzo dello Spirito, appunto.

+Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.+

Prima di Gesù Dio coincideva con l’inaccessibile. Vederlo voleva dire morire; ascoltare la sua voce ispirava terrore più che serenità e pace; toccarlo poi era inconcepibile. Questo sottolinea come l’uomo si sentisse isolato ed escluso dalla sfera divina, ma questo non era dovuto a Dio, semmai l’uomo aveva fatto sì che ci fosse un abisso incolmabile fra la sua e la nostra dimensione. Nel racconto dell’Eden viene narrata un’ amicizia intima e serena che è stata prima avvelenata e poi tradita. Questo “muro d’inimicizia” è stato abbattuto proprio dall’evento che tutta la storia attendeva: la venuta del Cristo. È lui che ha dato un volto all’invisibile, una voce all’inaudito; è lui che dà concretezza all’intangibile e rende comprensibile l’inconcepibile attraverso la sua dottrina, che al contempo resta semplice e di insondabile profondità.

+Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».+

I versetti precedenti ci hanno rivelato quanto la gente preferisse “la manna di Mosè”, quel cibo materiale che aveva sfamato Israele nel deserto, piuttosto che il Pane del Cielo: la Parola annunciata da Cristo che conduce alla vita eterna. Spesso le nostre speranze sono troppo misere per spiccare il volo; potremmo così nutrire un’idea di vita eterna astratta ed evanescente, così da indurci a preferire quello che passa il variopinto ed ingannevole chiosco mondano, dove non si trova che quel pane incapace di saziarci e darci la Vita, ne di vincere l’angoscia della morte. Daccapo si ripete il dramma dell’Eden: Dio, stavolta attraverso Gesù, indica ciò che può renderci felici ed immortali, ma l’uomo continua a scegliere la morte e l’esilio pur di crogiolarsi nel miraggio ingannevole dei paradisi artificiali, ostinandosi così, nonostante la sua miopia, a decidere da solo cosa può renderlo felice. Tuttavia solo camminando negli insegnamenti del Vangelo, facendoci attenti ascoltatori della voce del Dio che sussurra al nostro cuore, possiamo essere divinizzati e manifestare nella nostra vita quella Luce di cui solo Dio ci può rivestire.

Per fortuna abbiamo un Padre buono, mai stanco di scrutare l’orizzonte e sperare nel nostro ritorno (cfr Lc 15,11-32).

Felice Domenica

Fra Umberto Panipucci