Tra una nota e l’altra, il contributo di Roberta Pranzitelli

Da piccola ero letteralmente ossessionata dalla musica.

Non tanto, o non solo, dalle canzoni, ma da veri e propri frammenti melodici, piccoli pezzi di colonne sonore o armonie che sentivo per caso…forse per l’aria artistica che si respirava in casa grazie a videocassette Disney, film fantasy e tanti tanti cd…forse perché cresciuta facendo danza e studiando violino.

Fatto sta che difficilmente riuscivo a far capire ai coetanei quanto potesse essere bella la musica introduttiva di Ladyhawke o il solo di arpa nella Bella Addormentata.

Si riduceva tutto con un “Si…carina” che qualche amichetta di 5 anni mi concedeva…e finiva lì.

Ma per me non esistevano definizioni come “bello” o “brutto” quando si assisteva ad un evento artistico: erano giudizi di valore che non riuscivano a racchiudere le mie emozioni.

E sempre portando con me queste emozioni sono cresciuta, è cresciuto con me il mio violino che da un 2/4 finalmente arrivò ad un 4/4…e con la crescita crebbero anche le responsabilità: il Conservatorio.

A 10 anni mi sembrò un luogo durissimo: nuovi corsi, esami, compagni di corso più grandi di me…e poi le medie (senza indirizzo musicale!) che con “Forse fai troppe cose!” spingevano sempre più in basso la mia autostima…

L’autostima, non la motivazione.

Perché passate le difficoltà del primo anno di corsi, per me suonare divenne un’esigenza vera e propria.

Ho passato parte della mia infanzia, dell’adolescenza e dell’età adulta in posti meravigliosi, accompagnata da persone incredibili: ero alle sponde di un ruscello con Vivaldi fino ad arrivare in un bosco buio aspettando Ludwig al “Chiaro di luna”; scherzavo con Papageno e Papagena ed arrivavo a ballare il valzer in un magnifico castello gotico con Tchaikovskij…

Passano gli anni, le amicizie, gli amori, ma la musica è sempre rimasta.

Molto più degli studi, dei sacrifici, delle 6 ore di viaggi per 2 ore di lezione, della solitudine, dei maestri che cambiavano in continuazione, delle nuove scuole di perfezionamento, dei “Si” e dei “No”; al di là delle soddisfazioni, dei guadagni, delle tournee, delle foto, dei video…c’eravamo io e il mio violino in spalla.

Ci sono sensazioni che non si possono raccontare: non potrei mai spiegare come il suono del pianoforte possa sempre riportarmi a casa, come alcuni accordi di una sinfonia mi riportino a quando ero giovane, come l’odore di un teatro mi faccia ripensare alle risate con i compagni d’orchestra…

Sento di voler condividere la mia vita da musicista perché mai come oggi i ragazzi hanno bisogno di lottare per qualcosa.

Lo vedo a scuola, lo vedo in classe, lo vedo mentre li ascolto suonare: ai ragazzi con un obiettivo brillano gli occhi.

Gli obiettivi sono la spinta che fa desiderare (da de-sidero: verso una stella) il futuro che si vuole e di cui si ha bisogno.

I sogni esistono ed avverarli non è impossibile se davvero si lotta per ciò in cui si crede.

Non smetterò mai di dire, da insegnante di strumento musicale, che il segno che si lascia ai giovanissimi è qualcosa che rimane per sempre! I modelli che oggi abbiamo costantemente sotto gli occhi puntano all’aspetto esteriore, alle mode, a riempire la vita di cose…ma tutto questo ha una data di scadenza.

I sogni, le passioni , gli obiettivi: questi hanno forse una scadenza?

Recentemente ho letto “L’arte di essere fragili” di Alessandro D’Avenia che a un certo punto dice: ”Vivo per difendere la bellezza delle cose fragili”

E cosa c’è di più fragile di un bambino che sogna e che lotta per diventare ciò che vuole?

Ho visto artisti abbandonare i loro obiettivi per delle porte sbattute troppo forti in faccia, perché non avevano nessuno che proteggesse la fragilità del loro sogno.

Da docente, da violinista, da musicista, da persona non posso più tollerare la distruzione dell’arte perché “Troppo difficile” o perché “Nessuno la segue” o perché “Non è richiesta sul mercato”.

La mia passione per un’arte mi ha portato a vivere di quello che faccio giorno per giorno, malgrado le cose brutte e le cose belle.

Non è facile fare il musicista guadagnando solo con ciò che si sa fare.

Ma è ancora più difficile vivere la propria vita senza una colonna sonora che ti accompagni ogni momento.

Queste poche righe autobiografiche per invitare tutti ad essere un po’ più fragili e meno costruiti.

Perché sono i nostri sogni a renderci ciò che siamo, molto più delle nostre capacità.

Roberta Pranzitelli

Roberta Pranzitelli è nata a Campobasso e studia violino dall’età di 5 anni. Si è diplomata presso il Conservatorio Statale di Musica Lorenzo Perosi di Campobasso nel 2012 con votazione 10/10 ed ha seguito Master di alto perfezionamento violinistico presso l’Accademia Internazionale di Musica di Roma. Ha vinto concorsi nazionali ed internazionali nell’Orchestra Giovanile Italiana e con l’Orchestra Nazionale dei Conservatori suonando con il maestro Ennio Morricone in tournée  italiane e all’estero. Ha suonato con Pino Daniele, Fiorella Mannoia, Elisa, Fabrizio Renga, Emma Marrone e Mario Biondi nelle più prestigiose cornici del panorama italiano (la Reggia di Caserta, il Parco della musica a Roma, l’anfiteatro di Taormina, l’Arena di Verona, ecc.). Ha Inciso registrazioni radiofoniche in diretta presso Radio Vaticana ed ha partecipato ad importanti trasmissioni televisive su Rai 1 condotte da Fabrizio Frizzi. E’ attualmente docente di violino presso il Ministero della Pubblica Istruzione e vive a Frosinone.  

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