Il nuovo capitolo della saga, avviata da James Cameron, è un nuovo goffo tentativo di ridarle lustro dopo il costante declino
Esattamente 35 anni fa, nel 1984, nelle sale cinematografiche americane faceva capolino il primo capitolo di quella che sarebbe dovuta diventare una delle più celebri saghe di fantascienza della storia del cinema. Effettivamente, la saga ha fatto la storia del cinema, ma in negativo. Il successo avuto dal primo film di Cameron si è leggermente protratto fino al secondo capitolo (Terminator 2 – Il giorno del giudizio) per poi capitolare totalmente a partire dal terzo film (Le macchine ribelli). Diversi sono stati i tentativi per provare a far recuperare consenso alla serie, ma i risultati ottenuti dai vari Salvation, Genisys e dalla serie televisiva The Sarah Connor chronicles, non hanno sortito l’effetto sperato, anzi hanno avuto esattamente l’effetto contrario, portando i fan del franchise ad allontanarsi sempre di più. L’ultimo disperato tentativo è di Tim Miller, regista acclamato dal successo avuto con Deadpool. L’idea dello statunitense e del team di sceneggiatori (David S. Goyer, Justin Rhodes e Billy Ray), è stata quella di provare a ricreare un effetto nostalgia, riportando sullo schermo gli stessi interpreti del primo capitolo: Linda Hamilton, infatti, ritorna nei panni di Sarah Connor e Arnold Schwarzenegger riprende il suo ruolo di macchina assassina. In mezzo figura un cast composto però da attori giovani e acerbi, come Gabriel Luna (volto del nuovo Terminator, modello Rev-9) e Natalia Reyes (emula femminile del personaggio di John Connor, assente da questo film seppur citato). L’unica interpretazione che ha lasciato qualche segnale positivo è quella di Mackanzie Davis, interprete di una mix umana-terminator di nome Grace proveniente dall’apocalittico futuro del 2042. Come ogni film della saga ci ha insegnato, la sceneggiatura narra i fatti di un futuro che deve essere riscritto nel tempo presente. Un futuro nel quale le macchine dominano e l’umanità cerca di salvarsi tornando nel passato e riscrivendo il futuro. Non mancheranno i classici salti temporali che hanno contraddistinto il franchise. Stavolta, però, non ci sarà John Connor con la cavalcata delle Valkirie che arriverà a risolvere la situazione. Il personaggio è stato tagliato dal film ed è stato reinventato sullo schermo variandole il sesso. Un pizzico di originalità che gli sceneggiatori hanno pensato bene, tramutando John Connor in una donna (con la benedizione e i ringraziamenti del #metoo). Inoltre, Skynet, la famosa intelligenza artificiale a guida degli androidi, diventa Legion. Cambiano i nomi, ma la sostanza resta la stessa. Terminator Dark Fate è l’ennesimo tentativo andato a vuoto per rivitalizzare una saga ormai devastata, puntando più sulla nostalgia che sull’originalità. I personaggi stessi all’interno del film si comportano esattamente come i loro predecessori, non aggiungendo niente di quello che già sappiamo. L’esperimento, tentato da Miller, fallisce su tutto il fronte. Terminator è destinata a restare una saga le cui sorti sono state decise dal terzo film. Non era meglio se fosse stato solo il film del 1984?
Stefano Berardo