REDAZIONE TERMOLI
E’ stato condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione e 3mila euro di multa dalla nona sezione del tribunale di Roma Pietro Raffaele Valente, il 71enne imprenditore termolese che nel 2014 venne arrestato dai Ros dei carabinieri perché accusato di essere il prestanome di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex boss ed ex sindaco del capoluogo siciliano Vito che ebbe un soggiorno obbligato nella vicina Rotello. Assieme a Valente sono stati condannati anche altri quattro imprenditori.
Il processo è nato dalle risultanze di una maxi operazione avviata dalla Direzione Distrettuale Antimafia in Abruzzo. Gli investigatori stavano scavando sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nella fase di ricostruzione post terremoto quando pensarono di avere individuato alcuni imprenditori avvicinati per fare alcuni investimenti in Romania. Secondo le indagini sarebbe stata avviata una compravendita della società rumena Ecorec, gestore della discarica di Glina, per 60milioni di euro a una società di Lussemburgo. Un affare che non si sarebbe mai concretizzato ma che avrebbe avuto l’obiettivo di evitare confische dell’autorità giudiziaria italiana sui capitali riferibili alla mafia.
Secondo gli inquirenti, quindi, una parte consistente del tesoro di Ciancimino sarebbe dovuta finire proprio in Romania e Raffaele Valente, finito prima in carcere e successivamente ai domiciliari fino all’estate del 2015, sarebbe stato considerato dalla Procura di Roma il titolare delle quote della società finita nell’inchiesta e un prestanome. Le indagini sul versante dell’ecomafia erano partite nel 2007 e approfondite dal giudice per le indagini preliminari Piergiorgio Morosini e avevano portato anche alla perquisizione dell’abitazione di Valente da parte della polizia giudiziaria.
All’alba del 14 luglio 2014 i carabinieri del Ros avevano arrestato Valente e altri tre imprenditori. Valente è stato difeso dall’avvocato termolese Joe Mileti e per un periodo anche da Antonio Ingroia, l’ex magistrato che successivamente ha lasciato il fascicolo nelle mani del solo legale bassomolisano e aveva fatto anche lo sciopero della fame proclamandosi innocente e perseguitato tanto da arrivare a scrivere anche a Napolitano e Renzi. Per l’avvocato Mileti «l’accusa – ha affermato il legale durante l’arringa in aula – insiste su un errore che non riconosce nemmeno dopo tante dimostrazioni contrarie». Probabile, quindi, il ricorso in Appello dopo il deposito delle motivazioni della sentenza che avverrà tra 90 giorni.