Al liceo artistico “G. Manzù” di Campobasso, Costantino D’Amico, alunno della 5B, ragazzo dall’animo nobile, modellato dalla poesia, ha tenuto una lectio magistralis su Friedrich Nietzsche ai compagni delle classi del quinto anno. L’aggettivo magistrale non è un’esagerazione ma un dato di realtà. Nonostante la giovanissima età, Costantino può essere ritenuto un esperto di Nietzsche, ha letto e studiato tanto del filosofo fino ad averne timore reverenziale.
Quando tre anni fa ho conosciuto Costantino sono rimasta immediatamente sbalordita dal suo enorme bagaglio culturale, dalla mole dei libri letti e dalla qualità degli stessi. Dalla profondità e complessità dei suoi scritti, delle sue poesie. Da subito ho pensato che prima o poi gli avrei ceduto la cattedra -talvolta mi capita con gli alunni, amo essere tra i banchi, continuo ad apprendere, felice di farlo- il momento è arrivato con Nietzsche.
Nelle due ore di lezione Costantino ha fatto qualcosa di davvero difficile: insegnare, lavoro arduo trasmettere la propria conoscenza affascinando e coinvolgendo; parlare di Nietzsche, uno dei filosofi più ostici, sia per il pensiero che per la forma in cui lo ha espresso. Costantino è riuscito benissimo in entrambi i compiti. Il suo pubblico, tutto, è rimasto in silenzio, attento, affascinato, conquistato da tanta approfondita conoscenza.
Così, un amico di classe, Alessio Mignogna, racconta di questa lezione alternativa:
“Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino. Noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana. E la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento. Ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita…” (Robin Williams)
Non avevo mai considerato quanto disarmante potesse essere l’ascoltare il monologo di un amico.
Diviene facile, col tempo, velare ogni nozione acquisita a scuola con la pragmatica freddezza nata dal baratro che inevitabilmente divide studente ed insegnante: quando questo vuoto non persiste, dunque, resta soltanto poesia.
Mi è parso di star ascoltando una storia tratta da un libro di
fiabe: un racconto ingegnosamente costruito, dei personaggi tanto vividi da apparire quasi reali, tutto intriso nella bruciante passione di un narratore fedele; con pungente quanto sornione allegoria, Costantino si è fatto portatore delle parole di Friedrich Nietzsche, imprimendo in esse ammirazione, sentimento ed un pizzico di reverenziale timore.
Dell’aforista tedesco ha illustrato la vita, analizzato la retorica ed esposto il dualistico pensiero accompagnato dalle note di Wagner e dalle parole de “L’uomo folle”, senza tuttavia limitarsi ad un pragmatico scambio d’informazioni: ha lasciato che a parlare fosse l’emozione di cui la sua voce era pregna, mentre le sue parole baluginavano nella stanza componendo un intricato ricamo di cui, poco a poco, si riesce a vedere il disegno completo.
Districandosi con destrezza tra pensieri e concetti, come rimbalzando tra le corde del suo amato violino al ritmo di un pizzicato frenetico (si, lui suona anche il violino!), Costantino ha raccontato di passione, furore, trasformazione, struggimento, morte, coraggio, draghi e cammelli, ordine e caos.
Ed ascoltandolo, guardando i suoi pensieri delinearsi dalla forma del suo respiro, un solo dubbio mi è sorto: non sapevo se la voce che stavo ascoltando parlasse col ruggito del leone, il vagito del bambino o il fragore della dinamite.
L’emozione, le lacrime sui nostri occhi e l’applauso in piedi per Costantino sono stati l’evidente dimostrazione della riuscita di una significativa esperienza anche di strategie didattiche alternative, come la Flipped learning o la Peer education.