Sette ore per la Tac ad una paziente, tragica avventura per una 97enne
Tra tempeste di neve e attrezzature non funzionanti, l'odissea di una donna alla quale viene riscontrato un principio di ictus
AGNONE
FRANCESCO BOTTONE
Storie di ordinaria follia in Alto Molise. Alle ore 13 scatta l’allarme. Una 97enne, residente in contrada “Padule Piane” a Belmonte del Sannio, si sente male. I familiari allertano il “Caracciolo” dove i sanitari del 118 non perdono tempo, salgono a bordo dell’ambulanza 4×4, munita di catene e pneumatici antineve e tentano di raggiungere l’abitazione distante circa dodici chilometri. Il primo tentativo va a vuoto vista l’impraticabilità della strada totalmente innevata. A bordo del mezzo, l’autista soccorritore, il medico e l’ infermiere decidono di provare a raggiungere la paziente passando su un’altra strada. Nel frattempo viene informato il sindaco Errico Borrelli, autorità di pubblica sicurezza, che immediatamente mette a disposizione due spazzaneve per garantire l’arrivo dell’ambulanza nei pressi dell’abitazione dell’anziana. Le condizioni meteo peggiorano. La visibilità viene quasi azzerata dalla tempesta di neve mentre bisogna fare i conti con ghiaccio e gli oltre settanta centimetri di coltre bianca caduti. L’ambulanza resta bloccata una seconda volta nella neve e neanche lo spazzaneve riesce a trainarla. Alle ore 17, finalmente, i sanitari del 118 arrivano sul posto. Alla 97enne viene riscontrato un principio di ictus celebrale. Occorre una Tac, ma ad Agnone non c’è il medico e il macchinario è troppo vecchio. Problema già noto che il governatore Donato Toma e i dirigenti dell’Asrem avevano promesso di risolvere. A chiacchiere naturalmente. L’unica possibilità è recarsi al “Veneziale” di Isernia. Intanto scende la notte e ancora una volta il mezzo di soccorso deve essere trainato dello spazzaneve. Quindi si torna ad Agnone, si passa davanti all’inutile ospedale Caracciolo e si prosegue sulla fondovalle “Verrino” e “Trignina” prima di giungere al “Veneziale” dove la donna verrà finalmente sottoposta a Tac. Più che un trasferimento d’urgenza una sorta di odissea degna dei peggiori film horror che qui, in Alto Molise, è purtroppo la normalità. Se la paziente fosse morta ci si sarebbe appellati alla sua età avanzata. Certo è che un intervento di emergenza-urgenza è stato portato a termine in sette ore. Sette ore santa pazienza. In sintesi l’intera area a cavallo tra Molise e Abruzzo, un bacino di utenza di decine di migliaia di abitanti, non ha una stramaledetta Tac funzionante. E se anche quella del Caracciolo fosse funzionante i pazienti dall’Alto Vastese non potrebbero comunque usufruirne perché alla faccia dell’Europa unita e dell’abbattimento delle barriere tra Abruzzo e Molise, c’è il problema della “mobilità passiva”. La Asl di Chieti-Vasto spende di più se un paziente di Schiavi o di Castiglione usufruiscono di un servizio sanitario in Molise. Chi firma questo non è ubriaco e non racconta balle, è proprio così, si chiama appunto “mobilità passiva”.