Semi autofiorenti: 7 cose da sapere se si decide di coltivarli

La coltivazione della cannabis è un hobby sempre più diffuso. Chi è alle prime armi e decide di dedicarsi ad esso avendo poco spazio a disposizione, sceglie spesso i semi autofiorenti femminizzati.

Non fotoperiodici e per questo con una crescita rapida vincolata solamente all’età, come dice il nome stesso permettono di ottenere solamente piante femmine, il che è un grande vantaggio per quanto riguarda la qualità delle infiorescenze.

Nel momento in cui si decide di coltivare cannabis autofiorente, sono diversi gli aspetti di cui è bene essere consapevoli. Scopriamone sette nelle prossime righe.

I tempi

Chi si approccia da zero alla coltivazione della cannabis e sceglie i semi autofiorenti, si domanda quali siano i tempi da attendere prima di vedere il raccolto. In linea di massima, da quando si piantano i semi bisogna aspettare dalle 8 alle 10 settimane. In alcuni frangenti, si può parlare anche di 12 (caso che riguarda però poche varietà della pianta).

La forte resistenza

Un altro motivo per cui i semi di cannabis autofiorenti sono apprezzati dai principianti riguarda la loro resistenza ai parassiti. Si tratta di un indiscusso pro sia per quanto riguarda il tempo – la cannabis autofiorente non richiede cure particolari – sia per quel che concerne il risparmio economico.

La gestione della temperatura

Un altro aspetto a cui bisogna prepararsi nel momento in cui si decide di coltivare cannabis autofiorente riguarda la forte resistenza delle piante alle temperature rigide. Alla luce di ciò, i coltivatori scelgono spesso gli ambienti outdoor per i loro raccolti. A cosa è dovuta la peculiarità appena citata? All’origine delle varietà autofiorenti, ossia la cannabis Ruderalis. Varietà di cannabis tipica di zone del mondo come la Siberia, ha colpito fin da subito i breeder proprio per via della sua resistenza a climi ostili.

La scelta ideale per chi vuole essere discreto

Coltivare cannabis autofiorente è notoriamente un’ottima scelta se si ha poco tempo a disposizione e la necessità di risparmiare evitando di investire in costosi apparati di illuminazione. Questa varietà di semi è apprezzata anche perché permette di ottenere piante non altissime. Il motivo è legato alla già citata derivazione dalla cannabis Ruderalis, varietà che, in virtù dei climi rigidi in cui cresce originariamente, dà piante di dimensioni contenute.

La caratteristica sopra menzionata delle autofiorenti le rende una soluzione eccellente nei casi in cui si punta a coltivare con il massimo della discrezione.

Il terriccio perfetto

Fino ad ora, abbiamo lasciato da parte gli aspetti tecnici – pochi – riguardanti la coltivazione vera e propria della cannabis autofiorente. Uno dei più rilevanti riguarda il terriccio. Che caratteristiche dovrebbe avere quello perfetto? Lo schema più utilizzato dai coltivatori prevede la seguente formula: tre parti di torba, due di perlite, tre di compost, una di vermiculite.

Entrando nel dettaglio delle peculiarità dei concimi, ricordiamo che sia la perlite sia la vermiculite devono essere inumidite.

Rinvasare le piante? No, grazie!

Un’altra cosa che è importante sapere nel momento in cui si decide di coltivare la cannabis autofiorente riguarda il fatto che, se possibile, non si dovrebbero mai rinvasare le piante. Questa operazione, infatti, può provocare forte stress agli esemplari e interromperne la crescita.

In questo, la cannabis autofiorente si differenzia in maniera marcata rispetto a quella regolare. La varietà di piante in questione, infatti, può essere mantenuta senza problemi in fase vegetativa per lungo tempo.

Le dimensioni giuste per il vaso

Quali sono le dimensioni ideali per i vasi della cannabis autofiorente? Non esistono criteri specifici con diametri scritti nero su bianco. Di sicuro c’è che, per la varietà a cui sono dedicate queste righe, non sono necessari vasi di grandi dimensioni. Il motivo? Dai semi nascono sempre piante particolarmente compatte.