Scandalo Vaticano, Torzi a processo col cardinale Becciu e altri 8
C’è anche il molisano Gianluigi Torzi tra le persone citate a giudizio dall’Ufficio del Promotore di Giustizia – il promotore Gian Piero Milano, l’aggiunto Alessandro Diddi e l’Applicato Gianluca Perone – nell’ambito dell’inchiesta sullo scandalo Vaticano partito dalla compravendita di un immobile di lusso a Londra per il quale il broker molisano avrebbe agito da intermediario. Il processo, che partirà il prossimo 27 luglio, vede come imputato anche il Cardinale Becciu ed è destinato ad entrare nella storia. Mai è avvenuto, infatti, che un cardinale venisse citato a giudizio. Stando a quanto si legge su corriere.it assieme a Torzi e Becciu sono a processo altre 8 persone tra personale ecclesiastico e laico della Segreteria di Stato e figure di vertice dell’allora Autorità di Informazione Finanziaria oltre che esterni al Vaticano. Per Torzi le accuse sono di estorsione, peculato, truffa, appropriazione indebita, riciclaggio ed autoriciclaggio. A processo finiranno anche quattro società: HP Finance LLC, Sogenel Capital Investment e Prestige Family Office SA (riferibili ad Enrico Crasso, alla quale l’accusa contesta il reato di truffa) e Logsic Humanitarne Dejavnosti, D.O.O (riferibile a Cecilia Marogna, alla quale l’accusa contesta il reato di peculato).
«Sono emersi elementi anche a carico del cardinale Giovanni Angelo Becciu, nei cui confronti si procede, come normativamente previsto, per i reati di peculato ed abuso d’ufficio anche in concorso, nonché di subornazione». Sono tre righe destinate a fare la storia, quelle con le quali la Santa Sede ha comunicato oggi il decreto con cui il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, dispone «la citazione a giudizio» ovvero il processo per gli indagati nello scandalo sugli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a cominciare dalla vicenda del palazzo londinese di Sloane Avenue, negli anni in cui Becciu ne era Sostituto e quindi numero due, con il potere di disporre di fondi riservati. Uno scandalo che, si legge nella citazione, è stato opera di un «marcio sistema predatorio e lucrativo» di «soggetti estranei alla natura ecclesiale» ma «talora reso possibile grazie a limitate, ma assai incisive, complicità e connivenze interne». Il processo comincerà il 27 luglio. E così Becciu sarà il primo cardinale ad andare a processo nel Tribunale dello Stato vaticano.
«Sperperati i fondi che il Papa aveva destinato a opere di carità»
Nel comunicato della Senta Sede si legge: «Le attività istruttorie, svolte anche con commissioni rogatoriali in numerosi altri paesi stranieri (Emirati Arabi Uniti, Gran Bretagna, Jersey, Lussemburgo, Slovenia, Svizzera), hanno consentito di portare alla luce una vasta rete di relazioni con operatori dei mercati finanziari che hanno generato consistenti perdite per le finanze vaticane, avendo attinto anche alle risorse, destinate alle opere di carità personale del Santo Padre. L’iniziativa giudiziaria è direttamente collegabile alle indicazioni e alle riforme di Sua Santità Papa Francesco, nell’opera di trasparenza e risanamento delle finanze vaticane; opera che, secondo l’ipotesi accusatoria, è stata contrastata da attività speculative illecite e pregiudizievoli sul piano reputazionale nei termini indicati nella richiesta di citazione a giudizio».
Almeno 575 mila euro usati per «profitto e vantaggio personale»
I magistrati vaticani scrivono (come si legge sempre su corriere.it) come il «sistema predatorio e lucrativo» abbia, tra l’altro, «drenato ingenti quantità di denaro e somme raccolte nell’Obolo di San Pietro, che nel corso dei secoli ha attinto ai più intimi impulsi della comunità ecclesiale»: quelli della carità cristiana. La Segreteria di Stato si è costituita parte civile e avrà come avvocato Paola Severino.Secondo la citazione, Becciu, insieme a Cecilia Marogna, avrebbe sottratto per il «proprio profitto e vantaggio almeno 575.000 euro in fondi pubblici» (Marogna ne avrebbe usata una parte per fare shopping: borse, scarpe, accessori, una poltrona in pelle); e lo stesso Becciu avrebbe fatto arrivare «alla cooperativa Spes — il cui responsabile era suo fratello Antonino — più versamenti di importo non inferiore a 225.000 euro provenienti dai fondi del suo ufficio».