Sanità, Cardarelli al collasso: «A mia madre ho dovuto portare medicine, termometro e acqua. E’ una vergogna»
Il grido d’aiuto di una nostra lettrice che ci racconta il calvario che sta vivendo insieme alla mamma presso l’ospedale del capoluogo»
«Mia madre giace abbandonata a se stessa. È una vergogna!».
Questo l’incipit dell’esposto-denuncia pervenutoci in redazione, da parte di una cittadina, per un caso di cattiva assistenza sanitaria. L’ennesimo, purtroppo, che ci ritroviamo a pubblicare.
A scriverci è Valeria D’Ambrosio che racconta quanto sta accadendo a sua madre, attualmente ricoverata presso il Cardarelli di Campobasso in attesa che qualcuno si prenda cura di lei.
Ormai tali accadimenti sono entrati a far parte della consuetudine e rischiano quasi di non fare più notizia.
«Mia madre, dopo una settimana circa di febbre insistente e disturbi vari, nonché reduce da un delicato intervento al cuore – scrive Valeria -, si è recata presso il Pronto Soccorso cittadino per meglio comprendere le cause delle sue condizioni di salute. Peccato che sia stata tenuta parcheggiata su una barella per 36 ore circa senza alcuna assistenza quando, dopo ore di snervante attesa, è stata finalmente ricoverata presso il reparto di Medicina».
Ma ad indignare la nostra lettrice non è stata tanto l’attesa, che rappresenta ormai una prassi, ma «lo schifo più totale è stato andare a trovarla il giorno dopo (ieri per chi legge, ndr) e vederla arrivare all’ingresso del reparto in preda al tremore e con in mano una ricetta rilasciata dal medico, con cui mi sono dovuta precipitare a prenderle un farmaco indispensabile, del quale l’ospedale non era provvisto».
Continua sconcertata la nostra lettrice nel suo racconto, «un’ora dopo ho fatto ritorno al Cardarelli con tutto quanto serviva, non prima però aver fatto la spola tra due farmacie. È mai possibile che debbano essere i parenti del paziente a fornire quanto necessario alle cure e non l’ospedale stesso? E se io fossi stata residente altrove? A me sembra fantascienza! – si chiede Valeria sbalordita.
«In preda all’ansia e alla preoccupazione ho chiesto di parlare con i medici del reparto per avere un quadro chiaro sulle condizioni di mia madre e, anche qui, ho ricevuto ben tre responsi diversi sulle sue condizioni di salute senza alla fine ottenere chiarezza».
Chi ci scrive ormai era letteralmente in preda al panico, senza sapere cosa fare: «E’ una cosa alquanto vergognosa, per non parlare del fatto che a mia madre ho dovuto persino portare l’acqua, la carta igienica, nonché un termometro digitale in modo che potesse monitorare la temperatura in autonomia dal momento che nessuno si preoccupava di farlo».
Quello che ci ha descritto Valeria rappresenta un vero e proprio calvario a dimostrazione di un sistema sanitario in seria difficoltà, anche a seguito della costante carenza di organico e di posti letto disponibili per i ricoveri ordinari.
«Io non voglio credere che davvero siamo arrivati a tanto. Portiamo un nostro familiare in ospedale, ci fidiamo e ci rimettiamo nelle mani di chi dovrebbe prendersene cura assicurandogli tutta l’assistenza possibile per poi renderci conto che lasciarli lì è più un rischio che un sollievo.
La salute è un qualcosa di troppo importante e richiede la massima tutela. In una regione che si rispetti non è possibile che la sanità rappresenti una vera e propria piaga di cui a chi di dovere non sembra interessare nulla. La mia testimonianza è solo una goccia in mezzo ad un mare di indignazione, preoccupazione e disperazione di chi, come me, vuole solo il meglio per i suoi cari. Non ci si può voltare sempre dall’altra parte».
Così conclude Valeria il suo racconto che ha tutte le sembianze di un grido d’aiuto per il bene della sua mamma.