Ricordo di un “maestro”: Pietro il Grosso

GENNARO VENTRESCA

A Pietro il Grosso devo molto: tutto quello che so  delle donne e la trasformazione di una semplice simpatia in una squadra in una passione. La prima volta nei primi giorni di ottobre del 1957, seduto al primo banco, col grembiule nero, il colletto bianco e il fiocco rosso,  vidi entrare la  maestra con a fianco un ragazzo grande d’età e grosso di mole, con pantaloni lunghi e camicia fiorata.

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Era il famigerato Grosso: due volte bocciato in quinta e ripetente anche di prima. Con noi venne a frequentare la quinta, per la terza e ultima volta. Tra le leggende che si raccontavano sul suo conto c’era anche quella che sferrava sberle a chi lo contraddiceva. Per fortuna rientrai nelle sue grazie. Mentre noi avevamo il sussidiario e il libro di matematica, Pietro nella sua pesante borsa, portava Messalina, Abc e almeno una copia del Calcio e il Ciclismo illustrato.

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Nacque lì il nostro sodalizio. Io gli facevo copiare i compiti  e lui sbirciare le scene salienti dei fumetti e le foto del Milan. Feci così il mio salto di qualità nella conoscenza dell’altro sesso e diventai un acceso tifoso del Diavolo. Pietro spinse l’azione di proselitismo cominciando a parlarmi anche di Carmassi, il portiere friulano che difendeva la porta rossoblù.  Come riserva c’era il giovane Romano Civetta, suo vicino di casa. A suo dire, un vero portento.

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Un pomeriggio, dicendo una bugia a mia madre, finsi di andare a scuola per un rientro. Invece, su proposta di Pietro il Grosso mi portai al Romagnoli, per seguire l’allenamento diretto da Umberto De Angelis, un duro pescarese che i nostri giocatori chiamavano “maestro”. La squadra era scarna e vestita con tute grossolane, grigio scuro. Ricordo anche la formazione tipo: Carmassi, De Pase, Metullio; Bellomo, Papa, Maggiani; Lanzone, Ruzzi Mario, Di Ricco, Guidetti, Del Bianco.

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Non era stato un grande anno per il Milan. L’Inter era andata molto forte e anche la Juve fece la sua parte. I rossoblù se la cavarono bene, quarti ad appena quattro punti dall’Ortona che si mise alle spalle il Del Duca Ascoli e il Martina. Ultimo arrivò il Matera che era ancora tormentato dall’atavica povertà che lo avrebbe accompagnato sino al boom internazionale dei suoi “sassi”.

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