Presunti insulti razzisti, parla il giocatore: «Mie parole mal percepite nella concitazione»

«Deprecabile scambio di insulti e di offese che, purtroppo, avviene di frequente»

Dopo la vasta eco che ha avuto la notizia, finita su tutti gli organi d’informazione nazionale, torna a parlare il calciatore accusato di aver pronunciate frasi razziste all’indirizzo di un avversario.  

«Dopo oltre trenta anni trascorsi sui campi di calcio molisani, – ha scritto Michele Zullo – non avrei mai immaginato che un disgraziato sabato di ordinario confronto agonistico potesse sfociare in una ferita così profonda e lacerante per gli stessi valori dello sport che amo e per il quale mi batto, per la sensibilità di miei amici, conoscenti e rivali, per la serenità della mia famiglia e mia personale.

Ho pensato a lungo prima di intervenire su questa vicenda tanto spiacevole, uscita dal perimetro del campo di gioco e divampata sulla pelle – e dico volutamente pelle, perché per me non ha colore – della comunità regionale e del mondo sportivo.

Ma devo farlo per rispetto al modo in cui ho sempre interpretato la mia vita di relazione e la mia passione calcistica, che mi ha portato, quasi alla soglia dei 50 anni, a calcare ancora i campi del dilettantismo sportivo, per puro spirito di condivisione di percorsi sportivi e di amicizia.

Dopo avere già spiegato sui social l’accaduto, voglio esternare tutta la mia volontà di mettermi quanto prima a disposizione degli Organi di Giustizia Sportiva, per restituire agli avvenimenti la loro reale portata, ovvero quella di un deprecabile scambio di insulti e di offese che, purtroppo, avviene di frequente, e dappertutto, sulla scia della trance agonistica.

In quella sede, dimostrerò che non ho profferito alcun insulto con intento o contenuto razzistico, perché ciò non mi appartiene e farebbe sfregio ai tantissimi rapporti di cordialità, rispetto e convivialità che ho tenuto, fuori e dentro del campo di calcio, con conoscenti di tutte le razze ed etnie.

Le parole che, nell’animosità della partita, sono state scambiate, non possono essere state che mal percepite, nella concitazione, in quanto non mi riconosco nella disdicevole espressione che mi è stata attribuita e che, ripeto, non fa parte dei miei costumi.

Spero che, fino a quando non avrò modo di fare piena luce sui contorni della vicenda, possa essere trattato senza giudizi affrettati e non corrispondenti alla piena verità dei fatti.»