“Piccole immagini di raso bianco”, di Manuela Petescia, per combattere l’ipocrisia e il perbenismo della società
Presentato il romanzo della giornalista molisana in una gremitissima Sala della Costituzione
Una sala gremita per la presentazione di un libro è sempre un evento da festeggiare. Quando la sala è quella, molto ampia, della Costituzione della Provincia di Campobasso, l’impresa diventa quasi titanica. Ma non per Manuela Petescia, scrittrice, giornalista e direttrice di Telemolise, che ieri sera, giovedì 20 aprile, è riuscita a raccogliere intorno a sé centinaia di persone. Per parlare di “Piccole immagini di raso bianco”. E insieme di filosofia, psichiatria, ma soprattutto di perbenismo e ipocrisia. Quello contro cui il protagonista del suo romanzo si scaglia, ritendo che siano causa del disagio mentale di molte persone.
Prima i saluti di rito, del presidente della Provincia Francesco Roberti, di quello della Regione Donato Toma e dell’editore del romanzo, Florindo Rubbettino. Poi gli interventi di Adele Fraracci, docente di filosofia, e dello psichiatra Angelo Malinconico e il dialogo dell’autrice con la giornalista Sabrina Varriano. Con gli intermezzi, apprezzati, dell’attore molisano Stefano Sabelli.
“Piccole immagini di raso bianco” è stato scritto alcuni anni fa, ma ora c’è stata la presentazione «perché ho attraversato varie vicissitudini – ha commentato Manuela Petescia – tra cui una serie di assurde vicende giudiziarie che mi hanno sospeso la vita per tanti anni. Oggi ne sono fuori e presento un romanzo nato dal mio interesse narrativo per la psicoanalisi».
Nel romanzo c’è un “Io” narrativo e l’autrice parla in prima persona trasformandosi in un uomo. «Ce l’ho per difetto, mi trasformo sempre in tante persone, costruendo una vita immaginaria, come successo in questo romanzo, su spunti realistici». In “Piccole immagini di raso bianco”, Manuela Petescia racconta di uno psichiatra che individua forme di depressione sociale della mente, nella finzione sociale. Cioè nella distanza che c’è tra quello che noi vorremmo essere e la maschera, la finzione sociale appunto, che c’è imposta dalla collettività. «Se la forbice è molto ampia – ha spiegato ancora l’autrice – germoglia la depressione e allora lo psichiatra, che è il protagonista del romanzo, si scaglia contro il perbenismo e l’ipocrisia, ritenendole cause del disagio mentale di molte persone, soprattutto giovani».
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