Perché la politica deve occuparsi della crisi climatica

di Marianna Meffe

Il problema climatico nei discorsi elettorali spesso si limita alla sterile constatazione dell’aumento dei prezzi delle bollette.

Una politica seria, però, deve occuparsi anche dei problemi a lungo termine e guardare oltre la contingenza del momento, dato che le crisi attuali sono solo un assaggio di ciò che riserva il futuro.

E il cambiamento climatico non è neppure più un problema a lungo termine: l’alluvione che di recente ha interessato le Marche non è una casualità o un evento a sé stante, ma si inserisce nel quadro dei 132 eventi climatici estremi che hanno interessato l’Italia soltanto quest’anno.

Per questo dobbiamo pretendere dai nostri politici che si occupino del problema climatico, che sia in cima alle loro priorità.

Secondo il rapporto GRID dell’IDMC (ente che monitora le migrazioni interne in tutto il mondo), soltanto nell’area dell’Asia e della regione del Pacifico, tra il 2020 e il 2021, circa 170 milioni di migrazioni interne erano legate ai cambiamenti climatici.

Per quanto si stenti a riconoscerne l’esistenza, i migranti climatici esistono. Eventi come siccità, alluvioni, tempeste, distruggono case e città, rendono le zone meno sicure, il terreno cedevole, le condizioni di vita avverse. Quando si scappa dalla guerra si può fuggire verso un Paese in pace. Ma quando si scappa da un clima avverso che affligge tutto il mondo, dove andremo?

In piena emergenza climatica, votare consapevolmente è una necessità e una responsabilità.