Perché imparare a suonare uno strumento musicale

di Leonardo Lapenna

Questi due anni (ormai abbondanti) di lockdown (intermittenti, promessi come a termine, oppure – nel caso peggiore – senza nemmeno la possibilità di vedere la luce in fondo al tunnel) ci hanno spesso costretto a fare a meno della socialità, del contatto/scambio con le altre persone.

Chiusi in casa, limitati nella libertà di spostamento, noi tutti abbiamo provato la sofferenza di questa condizione, sperando che finisse al più presto; tuttavia, poiché vivere significa anche tramutare le difficoltà in opportunità, possiamo anche trovare qualcosa di positivo in questi mesi di solitudine forzata.

Il rapporto con la propria interiorità è stato vissuto senz’altro più intensamente, si sono sviluppate quelle attività che prima sacrificavamo al correre della routine quotidiana: leggere un libro con la dovuta calma, rivedere con attenzione un film di quelli che tanti anni fa ci hanno segnato, ascoltare un vinile acquistato nell’adolescenza…

Già, la musica. Proprio la musica è un mondo che, riscoperto quasi per forza o per caso, può diventare lo spazio nel quale allargare la propria personalità: la musica non solo ascoltata, ma la musica di cui si sia esecutori e anche – perché no? – autori.

In questo senso, credete, porsi l’obiettivo di imparare a suonare uno strumento musicale è molto più realistico di quanto si possa pensare: basta avvicinarsi all’impresa con lo spirito animato da poche ma importanti accortezze. Proverò a spiegare quali.

NON PRETENDERE DI DIVENTARE MUSICISTA PROFESSIONISTA

Innanzitutto ogni hobby, ogni passione, se diventa lavoro perde moltissime delle sue caratteristiche positive: in questo senso potremmo dire che, per chi ama davvero la musica, sia addirittura “meglio” non praticarla come professione (pensate al lavoro degli orchestrali ingabbiati negli orari delle prove, o ai componenti di una fanfara militare impegnati in cerimonie pubbliche nelle festività in cui vorrebbero portare la famiglia al mare…).

Ma la rinuncia alla pretesa di diventare “bravissimo/a” (poi, magari, invece si diventa bravi davvero) serve anche a tenere ben presente e a preservare la funzione più autentica del fare musica: allargare le possibilità di espressione… ne parleremo più avanti.

NON PREOCCUPARSI SE AGLI ALTRI NON PIACE ASCOLTARVI (…PER ADESSO)

Chiudere la porta del proprio studio, della camera, e rimanere soli con lo strumento cercando di farlo diventare una parte, un prolungamento di sé. Anche con un rapporto fisico: appoggiare l’orecchio sul legno della chitarra, accarezzare la tastiera di un piano anche senza suonare, riscaldare con le labbra uno strumento a fiato…

E poi seguire le proprie idee, anche strampalate, provare e riprovare un passaggio, anche una sola nota, scovare i trucchi che facilitano l’esecuzione, fermarsi e ricominciare: tutto questo, dobbiamo riconoscerlo, rende l’ascolto per un estraneo un po’ pesante, no?

NON FARSI SPAVENTARE DALLE DIFFICOLTA’

Guardare un musicista esperto mentre suona un pezzo musicale con la stessa naturalezza con cui noi giriamo lo zucchero nella tazzina di caffè può deprimerci all’inizio, farci chiedere “ma come fa, come posso arrivarci?” Ma avete mai pensato ai gesti che compiamo anche contemporaneamente mentre, per esempio, guidiamo la nostra comunissima automobile? Reggiamo il volante, ne stacchiamo una mano per cambiare marcia, con i piedi spingiamo secondo necessità acceleratore, freno e frizione, guardiamo lo specchietto retrovisore interno, quello destro e sinistro, tutto questo magari chiacchierando con il passeggero al nostro fianco. Facciamo tutto questo semplicemente perché ci siamo imposti – ci serviva – di impararlo e l’abbiamo imparato. Così come si impara a collegare i fili di un lampadario, a stirare una camicia (…anzi: no, io quello non lo so fare proprio). Soprattutto all’inizio, saper suonare uno strumento è semplicemente una questione di pratica, di posizione, di acquisizione della sensibilità, di dosaggio dello sforzo. Pensate al mignolo della mano sinistra (o della destra, per chi è mancino): chi lo usa mai, piccolo mignolino sconosciuto, prima di iniziare a suonare la chitarra? Dopo, solo dopo questo primo impatto “di mestiere”, si entra nella fase di completa padronanza dello strumento e si diventa capaci di “interpretazione”.

ESISTE (ALMENO) UNO STRUMENTO PER TUTTI

Il rapporto che ognuno intrattiene con la musica è qualcosa di veramente personale e diverso: c’è chi è attratto da un approccio ritmico e perciò tamburella le dita istintivamente mentre ascolta un brano o batte il tempo sul rumore che il treno fa correndo sui binari e c’è chi invece viene colpito dalla melodia e magari riconosce una canzone dalle primissime note.

C’è che si innamora del timbro di uno strumento musicale (la sua voce) e chi invece lo trova sgradevole: il violino, in questo senso, suscita reazioni contrastanti.

C’è chi, come si fa nella scelta di un cane da compagnia, preferisce le grandi dimensioni da padroneggiare (arpa, pianoforte) oppure la portatilità di uno strumento tascabile (armonica a bocca, flauto): con le infinite mezze misure che ritroviamo tra i due estremi (la chitarra, che la porti dappertutto, ma che quando ce l’hai si vede).

La tecnologia stessa, infine, offre bellissime e infinite alternative: pensate alla possibilità di suonare uno strumento elettronico sentendosi in cuffia senza disturbare nessuno o a certe tastiere digitali che si possono addirittura arrotolare e portare nello zaino!

IMPARARE CON UN MAESTRO O DA SOLI? ENTRAMBE LE COSE

Come in tutte le materie, a partire da ciò che si impara negli anni della scuola, la funzione più importante dell’insegnante che accompagna un allievo nell’avvicinarsi alla musica è quella di trasmettere l’amore, la dedizione per quello che si fa. Non c’è dubbio che i consigli di chi insegna servono per prima cosa a guadagnare tempo, evitando all’allievo di sbattere la testa contro i soliti errori prima di trovare la strada giusta (è pur vero, però, che sbagliando si impara…). Detto questo, non deve sfuggire che il motore più importante per arrivare a suonare uno strumento è la voglia, anche la fissazione (la “addiction” si direbbe oggi), che deve animare il musicista in erba: davvero inutile lasciare lì lo strumento fra una lezione e l’altra, bisogna tenerlo sempre a portata di mano e usarlo, suonarlo, anche solo toccarlo, spolverarlo, in ogni momento disponibile, che sia un intero pomeriggio o il tempo di attesa che si cuocia la pasta…

NON E’ NECESSARIO SAPER LEGGERE LA MUSICA (ANZI…)

Magari non tutti saranno d’accordo, ma l’errore che spesso gli insegnanti di musica fanno è quello di somministrare all’allievo le nozioni della scrittura musicale, solfeggio, battute, crome e semicrome…, ancora prima di mettergli in mano uno strumento. Ma come? La musica è quanto di più istintivo, sensoriale ci sia! L’umanità ha impiegato millenni (sì, millenni) a elaborare un sistema di scrittura che riproduca fedelmente un pezzo musicale proprio perché nella musica stessa la pratica arriva molto, ma molto prima della teoria. Le nozioni di teoria musicale sono senz’altro indispensabili (le note e gli accordi non si susseguono a caso), ma dovranno arrivare dopo, e non prima, la conoscenza istintiva delle potenzialità di ogni strumento.

Inoltre, e qui arriviamo al nocciolo della questione, fare musica costituisce un allargamento delle proprie capacità espressive, è come parlare una lingua in più: quando si esegue un brano bisogna conoscerlo, averlo dentro e suonarlo come se si parlasse, che senso ha leggere un pentagramma e venire a sapere quello che si è suonato solo dopo essersi ascoltati? Invitereste mai un/una possibile fidanzato/fidanzata estraendo un biglietto dalla tasca dei pantaloni e leggendo a voce alta “verresti a mangiare una pizza con me?”

LO STRUMENTO TI PORTA NEL “TUO MONDO”

Non avete idea di quanti sughi bruciati in padella o macchinette di caffè lasciate a bollire fino alla consunzione si possano contare mentre si suona: “okay, prendo la chitarra un attimo” vi dite, e poi perdete la cognizione del tempo. Un ritornello viene ripetuto mille volte, da un brano si passa a un altro, si prova una variazione, si allunga un finale e chi suona “non c’è per nessuno”. Mentre si suona si dimentica tutto il resto, le tensioni della vita reale si sciolgono proprio per la necessità di rilassatezza che l’esecuzione impone, i pensieri volano.

Siamo arrivati alla conclusione: chi già suona uno strumento sa che potrebbe aggiungere mille parole a quelle scritte fin qui. Sa anche che la musica è un universo nel quale si entra e dal quale non si esce più… 

Se diventare grandi significa rassegnarsi all’impossibilità di cambiare il mondo, possiamo sempre provare a cambiare “il nostro mondo” e vedrete che saranno in tanti a venirci a trovare.

Voglio rivolgere un augurio, per finire, a ogni singolo lettore, per il tempo che verrà: che il futuro… ti sia musica.