Era il 7 gennaio del 1978 quando Francesco Ciavatta, giovane militante del Fronte della Gioventù, originario di Montagano a soli 18 anni venne ucciso dinanzi la sede del Movimento Sociale di Via Acca Larentia a Roma. Nell’agguato trovò la morte anche Franco Bigonzetti e Stefano Recchioni, militante di destra, ucciso qualche ora dopo da un capitano dei Carabinieri durante gli scontri con le forze dell’ordine scoppiati in seguito a una manifestazione di protesta, organizzata dai missini.
L’agguato fu rivendicato dai Nuclei armati per il contropotere territoriale, una delle decine di sigle che in quegli anni da “guerra civile” crebbero in un Paese dilaniato dalla strategia degli opposti estremismi. Sono trascorsi 40 anni dall’omicidio di Francesco Ciavatta, dopo l’assoluzione per quattro militanti di Lotta Continua, nel 2013 il pm Erminio Amelio della Procura di Roma ha riaperto le indagini ma, secondo Gaetano Caterina, legale della signora Mariano, madre di Francesco, “in questi anni non si è giunti ad alcun risultato: ufficialmente non ci sono novità investigative. Forse la magistratura non è interessata a cercare la verità”. E’ stato il quotidiano Libero a tornare quaranta anni dopo su quegli omicidi, raccogliendo le dichiarazioni dell’anziana signora. “Mio marito – afferma la signora Angiolina – metteva in guardia Francesco, quando frequentava la sezione. Gli diceva ‘Stai attento, Franco, che ti ammazzano’. E lui rispondeva: ‘Ma perché, papà? Non faccio niente di male’. Prima della tragedia lo trasferimmo dalla scuola pubblica in una privata, perché all’istituto di meccanica che frequentava subiva sfottò e sgambetti dai compagni per il semplice fatto di essere di destra. Anche dopo il delitto ci furono molte reazioni sgradevoli, nel mio paese un uomo disse a mia madre: Hanno fatto bene ad ammazzare suo nipote, era un fascista”. Ieri, in occasione della data, ci sono state alcune manifestazioni in ricordo: a Roma, al quartiere Tuscolano, e poi fra le altre a Lamezia e una conferenza a Cesena.