Occhiataccia, l’antimalocchio 2.0 di Laura Marianera strega la giuria al Design Award & Competition
Sui molisani se ne dicono tante, o meglio ‘svariate’ per restare in tema. Tant’è che è nato anche un gruppo facebook, che regala perle sull’essere nato e cresciuto in quella che molti – anche gli stessi autoctoni – hanno ribattezzato ‘la regione che non esiste’. Sei molisano, per esempio, se credi che l’inverno dura dieci mesi (e in questi giorni ne abbiamo avuto la prova) oppure se quello che mangi a tavola è una scusa banale per bere. O meglio ancora se u’ Cuppìn, la Mappìna e u’ leccamùss’ li usi per ‘mazziàre’ e non in cucina. E sei molisano anche se almeno una volta nella vita ‘ti sei fatto togliere il malocchio’. Lo sa bene Laura Marianera, designer 26enne di Campobasso (nella foto), che ha fatto fortuna col malocchio, classificandosi terza al concorso “A’ Design Award & Competition”, la più grande e più diffusa competizione internazionale al mondo. Di design ovviamente. Con il progetto “Occhiataccia” ha vinto il bronzo nella sezione Cultural Heritage and Culture Industry Design Category del 2016/2017, facendo conoscere una delle più antiche tradizioni made in Molise a livello globale, così com’è del resto la pratica del malocchio. Quel potere malefico dello sguardo ha interessato Laura Marianera già dalla sua tesi, scelta che le ha dato ragione in quanto nel 2014 a Firenze – città in cui attualmente vive e lavora – si è laureata in Disegno Industriale con 110 e lode, presentando un elaborato dal titolo: Come ieri, oggi, progettato sulla base di tre categorie di tradizioni molisane. L’obiettivo di Laura è stato quello di rispolverare credenze arcaiche – ma tutt’oggi esistenti – regalando loro una nuova luce, attraverso oggetti, segni grafici e interpretazioni adeguati agli anni in cui viviamo. Ne è venuto fuori uno studio sui cibi legati alla tradizione di San Martino (dal titolo Scoprimi), uno su vecchie usanze della Ndocciata (Accendimi) e una terza parte sulle superstizioni con “Occhiataccia”, quest’ultima candidata dalla 26enne campobassana alla competizione di design. “La tradizione del malocchio è un rito che ho sempre conosciuto e vissuto attraverso mia nonna – ci racconta – e credo che tale forma di superstizione è molto sentita e fortemente radicata nel nostro territorio come in tutte le tradizioni nel resto del mondo, attraverso oggetti e riti differenti”. Di rituali per ‘togliere il malocchio’ ce ne sono diversi e a custodirli sono soprattutto gli anziani, nonne diciamo, che munite dell’armamentario necessario liberano la persona dai cattivi presagi delle malelingue. In Molise è usanza eseguire una precisa sequenza di azioni attraverso dei gesti e delle parole che vengono tramandate in famiglia solo la notte di Natale. Il rito viene svolto con un piatto d’acqua e delle gocce di olio d’oliva. Se le gocce d’olio si dividono, quasi a scomparire, si ha il malocchio se invece l’olio resta a galla in un unica goccia non si è vittime della magia. Ad ogni modo il kit è più che altro universale, Laura Marianera lo ha rivisitato in una versione 2.0. Cinque gli elementi: un piatto, un’oliera, un bicchierino, delle forbici e uno strofinaccio. Tutte le componenti in ceramica sono bianche e semplicissime, caratterizzatesolo da alcuni segni grafici che servono per guidare l’utilizzatore durante il rito. Gli elementi sono contenuti in un packaging caratterizzato dalla texture “bla bla bla” che rappresenta il suono delle parole cattive della gente, dello sparlare. All’interno, inoltre, ho deciso di realizzare un’illustrazione sotto forma di equazione che spiega tutti i passaggi del rito. Il kit è stato progettato e realizzato in ceramica bianca, la produzione e la successiva decorazione sono stati effettuati da un artigiano locale, mantenendo il legame con il territorio di provenienza per aumentare il valore tradizionale e territoriale del progetto. “Ho deciso di sviluppare un prodotto legato alla mia regione – continua la designer – perché è un territorio a cui non viene quasi mai riconosciuto né pubblicizzato il vero valore culturale sia all’interno che all’esterno dei confini regionali. Questo lavoro è volto a promuovere, in modo creativo e moderno, le tradizioni di un’epoca passata della quale i giovani ne hanno poca conoscenza e che rischiano di perdersi nel tempo”.
Antokyo