Non c’è ricompensa più grande

XXV Domenica del tempo ordinario (A)

Commento a Mt 20, 1-16

Quale ricompensa Dio prepara per i suoi servi? La risposta la conosciamo: Egli stesso. Non c’è dunque ricompensa più grande, ne si può pensare a un privilegio più desiderabile: partecipare alla vita divina. Nella parabola descritta di seguito comprendiamo come il Signore voglia concedere in modo liberale tale dono, a patto di rispondere al suo invito. Questo però viene visto dagli operai della prima ora come un’ingiustizia. Essi, infatti, non sono riusciti a liberarsi dalle ordinarie categorie di pensiero, rischiano così di privarsi del bene per il quale hanno tanto faticato.

+In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna.+

Con “Regno dei cieli” non si intende un luogo, ma Dio in relazione con i suoi figli attraverso Gesù. Questa parabola non fa eccezione: tutto ruota attorno alla relazione che viene stabilita con il “padrone di casa”. Nel caso specifico, come vedremo, l’attenzione è posta sulle aspettative che gli operai ingaggiati hanno rispetto alla loro ricompensa. Il riferimento non può che essere legato al popolo eletto; infatti è con la promessa fatta ad Abramo e alla sua discendenza che si inaugura la storia della Salvezza. Per questo non possono essere che gli israeliti i lavoratori della prim’ora. Tuttavia, alla fine del racconto questi manifestano la loro delusione, non tanto per la paga, ma per il trattamento indifferenziato che il padrone riserva a tutti coloro che accettano il suo invito. Sembra che così non ci sia nessun privilegio per chi lavora di più. In realtà è proprio lo stare nella vigna di Dio la ricompensa più grande.

+Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.+

Questo “padrone” sembra davvero scriteriato. Infatti, promettendo la stessa paga proposta agli altri, continua a reclutare personale anche quando la giornata lavorativa giunge al termine! Ci troviamo davanti a un paradosso, qualcosa che succede spesso negli insegnamenti di Gesù: egli vuole spronarci a  mettere da parte le abituali categorie di pensiero, spesso basate sul ritorno personale e la convenienza. Al padrone di questa vigna sembra stiano a cuore due cose: far lavorare chi è sfaccendato e prendersi cura della sua Vigna. Degna di nota e la distribuzione delle ore a intervalli di tre, c’è una fortissima  corrispondenza con le ore della preghiera: 06:00, 09:00, 12:00, 15:00 e 17:00. Dio chiama i suoi operai mentre il loro cuore è aperto, ovvero quando si è in preghiera. Ecco perchè non è importante a che ora della giornata ( cioè in quale momento della vita) questo avvenga, ma semplicemente che ci si renda disponibili all’invito del padrone.

+Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.  Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. +

La sera è immagine del ultimo transito: il momento della paga alla fine del grande giorno che rappresenta la nostra vita. La ricompensa è un dono che, per essere ricevuto, chiede solo una condizione: aderire al disegno di Dio e desiderare con lui la salvezza per tutti. Non è quindi una questione di quantità di tempo e fatica impegnati, ma piuttosto di qualità e disponibilità.  Non possiamo applicare criteri di meritocrazia per un dono che trascende ogni aspettativa. Gli operai della prima ora dovrebbero essere felici per i loro compagni, che grazie alla generosità del loro padrone, avevano trovato di che vivere. Purtroppo non è così: essi mormorano contro il loro stesso benefattore criticandone la generosità. Tante volte la tentazione dell’esclusivismo può annebbiare la vista di chi fa un cammino di fede impegnativo  e sopporta “il peso della giornata e il caldo”: c’è chi si vorrebbe sentire operaio di serie “A” rispetto a quelli della seconda, terza, quarta e quinta ora. L’unica preoccupazione di Dio, però, è quella di dare lo stesso magnifico destino a tutti i suoi figli; per questo non si stanca di esortarci ad impegnare tutte le nostre risorse per guadagnare il numero più grande possibile di fratelli e sorelle.

+Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».+

I primi rischiano di diventare ultimi se non si appropriano delle categorie del “padrone”: “Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (cfr Lc 15, 7). Se non si è capaci di partecipare a questa gioia non si potrà accogliere nemmeno quella che c’è stata preparata. Un altro motivo per cui Gesù ha fatto questo discorso ai suoi discepoli, probabilmente, era quello di evitare che tra loro nascessero diatribe riguardo al rango che avrebbero acquisito nella comunità che si andava formando. Non a caso sarà proprio questo l’argomento che sarà affrontato nello stesso capitolo qualche versetto più avanti, dopo che la madre di Giacomo  e Giovanni avrà chiesto a Gesù di dare i posti d’onore ai suoi figli (cfr Mt 20, 20-34).

L’Amore può darci la gioia più grande, ma nella misura in cui questo resta condizionato, rischia solo di procurarci delusione e sofferenza.

Felice Domenica.

Fra Umberto Panipucci