Il Molise del vino esiste, parola di Gambero Rosso

E’ disponibile la guida Vini d’Italia 2018 del Gambero Rosso. L’edizione numero 31 ha visto domenica scorsa allo Sheraton di Roma la prima grande degustazione dei premiati con i Tre Bicchieri con oltre 400 etichette. Le tappe successive oggi a Napoli a Palazzo Caracciolo, e il 29 ottobre all’AC hotel Marriott, organizzato dalla Città del gusto Torino.

Per il Molise, scrivono dal Gambero Rosso, nessuna nuova, buona nuova. Il vecchio adagio popolare sembra calzare a pennello per inquadrare lo scenario produttivo molisano alla luce degli ultimi assaggi. “Le aziende di riferimento restano più o meno le solite che abbiamo imparato a conoscere da almeno un lustro a questa parte e la regione non è esattamente la riserva ideale di caccia per chi cerca esordienti da scoprire a ogni test. D’altro canto il limitato turnover di cantine può essere letto anche come segnale di consolidamento: le migliori cantine indicano la strada e alle loro spalle c’è in ogni caso una piccola squadra affidabile e competitiva, soprattutto sul fronte qualità prezzo. Nel primo gruppo di merito figurano autentici leader e ispiratori come la famiglia Di Majo Norante, ancora una volta unica rappresentante molisana nell’élite dei Tre Bicchieri col suo Aglianico Contado Riserva ’14. Oppure realtà come Borgo di Colloredo, Claudio Cipressi o Tenimenti Grieco, che ci ricordano con le loro variopinte gamme la natura intrinsecamente di frontiera del comprensorio.” Al di là delle singole riuscite, infatti, i principali elementi di interesse si legano sempre all’incredibile mosaico di condizioni pedoclimatiche, giacimenti ampelografici, modelli interpretativi.

“Il grande fascino di un territorio – proseguono dal Gambero Rosso – che evidenza continui punti di contatto con le zone limitrofe (Abruzzo, Sannio Beneventano, Lazio interno, Foggiano), restando comunque un distretto a parte, difficile da incasellare. Italia centrale e meridionale che si incontrano nei rossi da montepulciano e aglianico, con la tintilia a rafforzare vendemmia dopo vendemmia il suo ruolo di autoctono originale e versatile. Ma anche le speculari espressività delle aree adriatiche e appenniniche tenute insieme nel laboratorio bianchista, dove trovano spazio varietà internazionali (sauvignon e chardonnay in primis) accanto a falanghina, greco, trebbiano e malvasia. Senza trascurare i rosati, probabilmente la tipologia maggiormente cresciuta nelle recenti stagioni: vini perfetti per la mescita e un vasto campionario di abbinamenti gastronomici. Non è poco, se teniamo conto della fisiologica ristrettezza di opzioni. Il Molise del vino esiste, eccome, e siamo ragionevolmente convinti che i tempi per un suo definitivo exploit siano ormai maturi”.