“Marketing mix” brand positioning: come posizionarsi nelle menti dei consumatori

Rubrica a cura di Camilla Arco

Lo abbiamo detto e ripetuto più volte: i consumatori di oggi sono informati. Sempre più informati. Prima di acquistare un prodotto o un servizio, i consumatori “indagano” leggendo recensioni, ascoltando opinioni. Ma quando il consumatore è a questo punto del funnel ha già in mente quali prodotti e di quali brand vuole acquistare. È solo indeciso e temporeggia in quanto vuole fare la scelta giusta, non commettere errori. Un importante lavoro da compiere per le aziende è quello di essere tra i fortunati (o bravi!) brand che sono presenti nella mente del consumatore nel momento esatto in cui è alla ricerca di maggiori informazioni. Questo lavoro, certosino e impegnativo, si chiama “brand positioning” o, più semplicemente, posizionamento del brand. È un processo estremamente importante in quanto permette di capire cosa pensa il consumatore del prodotto o servizio in vendita e se è in linea con quanto pensa il brand dello stesso prodotto o servizio. Il primo passo è analizzare il proprio posizionamento corrente: secondo i nostri consumatori, noi chi siamo? Cosa vendiamo? Quando il consumatore si avvicina al nostro brand che impressioni ha sul nostro prodotto o servizio? Dopo aver analizzato il posizionamento attuale è fondamentale studiare anche il posizionamento dei competitors: loro cosa vendono? Come lo vendono e come lo comunicano? E cosa ne pensano i consumatori? Per poter realizzare uno studio puntuale del posizionamento del nostro brand e di quello dei competitors ci viene in soccorso uno strumento di marketing chiamato SWOT analysis. È un acronimo che sta mette insieme le parole Strength (punti di forza), Weaknesses (punti di debolezza), Opportunities (Opportunità) e Threats (Minacce). Il compito dell’azienda, a questo punto, è quello di auto-analizzarsi, di guardarsi allo specchio e – soprattutto – di essere sincera con sé stessa. Perché senza la trasparenza, la SWOT analysis è un mero esercizio stilistico. Con la sua struttura a croce, la SWOT analysis permette di identificare i punti di forza e di debolezza dell’azienda (valutazione intrinseca) e le opportunità e le minacce che derivano dal mercato in cui opera (valutazione estrinseca). Con questa fotografia (reale, ricordiamolo) di sé stessa e dei suoi concorrenti, l’azienda è in grado di identificare la sua unique selling (o value) proposition (USP o UVP): ciò che la rende diversa e unica sul mercato, il suo valore aggiunto. Queste informazioni sono fondamentali per strutturare una comunicazione corretta e coerente e per capire qual è il prezzo a cui vendere il prodotto o servizio in questione. Inoltre, servono per porre le basi alla realizzazione di un logo o di un payoff, che sintetizzino la personalità del brand e l’identità dell’azienda. A questo punto, l’azienda deve porsi una domanda fondamentale: il logo e il payoff attuali riflettono in maniera corretta quanto è emerso dalla SWOT? Se così non è, allora è il caso di rilavorare al proprio brand positioning. Perché ciò significa che c’è una dissonanza tra quello che l’azienda realmente è e fa e quello che la rappresenta. E questo, signori miei, non aiuta di certo il cliente a fidarsi ma – anzi – lo manda piuttosto in confusione. Conoscere sé stessi è dunque fondamentale per capire (e sapere) come muoversi in questo folle mondo del business ma bisogna sempre ricordare che il brand è fatto di persone – quelle che vi lavorano (dentro) e quelle che acquistano (fuori). È quindi estremamente importante che entrambe le categorie coinvolte abbiano chiaro quello che l’azienda è, quello che vende e come e perché lo fa. Trovare uno spazio nelle menti dei consumatori, già affollate di migliaia di pubblicità e stimoli visivi e uditivi, non è un’impresa da poco. E per farlo correttamente un’azienda ha bisogno di persone che – per prime – sappiano esattamente cosa vogliono dire e fare e come farlo. Ci sono aziende che hanno trasformando il loro brand in parole comuni che vengono utilizzate, oggi, per identificare l’oggetto che vendono: Scottex, Scotch, Post-it. Questi casi dimostrano che queste aziende sono entrate in maniera così preponderante nella mente dei consumatori che ne hanno addirittura cambiato il modo di parlare. Sono casi estremi che portano con sé altre tipologie di complicazioni ma che, allo stesso tempo, dimostrano quanto possa funzionare una strategia di marketing e comunicazione fatta bene. E di quanto sia importante essere sé stessi e comunicarlo nel modo giusto. Il pubblico poi capirà. E il cliente verrà da sé.