di Marianna Meffe
IL NUCLEARE IN ITALIA E NEL MONDO
Da tempo in Italia non si sente più parlare del nucleare, come se fosse un settore morto o decisamente troppo rischioso perché possa essere ancora considerato un’alternativa percorribile. Il discorso ha infatti perso gran parte del suo appeal dopo la sconfitta del nucleare al referendum del 2011 (pochi mesi dopo Fukushima): allora, oltre il 90% dei votanti, complice la paura scatenata dai recenti eventi, si dichiarò contrario alla costruzione di dieci nuove centrali a fissione sul suolo italiano.
In realtà, se in Italia è ormai illegale, sono molti i Paesi nel mondo che si affidano ancora oggi a questa tecnologia.
Infatti, ad oggi, con 450 centrali attive (dati BP 2019) il nucleare fornisce energia per ben il 10% dei consumi elettrici mondiali. Ci sono paesi, come il Belgio e l’Ungheria che, pur avendo un numero esiguo di centrali attive (<10), è proprio al nucleare che devono la gran parte della produzione elettrica totale nazionale (rispettivamente il 39% per il Belgio e ben il 50,6% per l’Ungheria).
QUINDI VA BENE?
In base a questi dati, volendo mettere da parte i pregiudizi ideologici e la paura quasi innata connessa al nucleare, si potrebbe pensare che esso sia più performante dei combustibili tradizionali. Un altro punto che i fedeli dell’atomo non mancano mai di porre in evidenza è quanto l’energia elettrica prodotta con il nucleare sia sostanzialmente un’energia pulita, poiché, non prevedendo combustioni, non comporta rilascio di gas serra. Ma sarà davvero così?
COME FUNZIONA
Vediamo prima come funziona. Il termine fissione nucleare è ormai entrato nel lessico comune: ma sappiamo davvero di cosa si tratta? In realtà, anche senza avere grandi conoscenze scientifiche, è facile capire come operi una centrale nucleare a fissione: in breve, all’interno di un recipiente a pressione (nocciolo), i nuclei degli atomi di combustibile radioattivo (di solito uranio) vengono bombardati con un neutrone e, scindendosi, rilasciano energia e altri neutroni che andranno a colpire altri nuclei, generando una reazione a catena. L’energia così liberata da queste reazioni andrà a riscaldare il liquido refrigerante contenuto nel nocciolo (generalmente acqua), producendo vapore acqueo, che verrà poi impiegato in un classico ciclo a vapore: il calore viene prima convertito in energia meccanica tramite una turbina e poi in energia elettrica mediante un alternatore.
OLTRE LE APPARENZE
Sembrerebbe che tutto fili liscio. Ma se si guarda attentamente, si nota come la condizione di assenza di emissioni di gas serra sia verificata solo DURANTE la produzione elettrica.
Ossia, che il nucleare riduca l’emissione di CO2, vale per la centrale, ma se si valuta tutta l’energia utilizzata dalla stessa nel suo ciclo vitale, dalla miniera al deposito dei rifiuti, non si può certo dire che essa produca meno emissioni di una centrale a fossili.
E anche dal punto di vista economico, il nucleare è sconfitto su tutti i fronti. Come sottolineato da studiosi come Peter Odell, dal lato dei costi, a parte la tendenza a sottostimare quelli di costruzione e di gestione, non si tengono nel dovuto conto i costi del trasporto di minerale, della ricerca nucleare, nonché i costi dello smantellamento delle centrali e di altre infrastrutture. Si stima infatti che il costo per smantellare una centrale nucleare (decommissioning) sia quasi il doppio del suo costo di produzione!
A questo si aggiunge il problema delle scorie radioattive: alla fine della loro attività (che per rifarsi delle spese dovrebbe essere di almeno 35 anni), le centrali nucleari ci lasciano a fare i conti con del combustibile esaustoche viene stoccato in bunker sotterranei e impiega centinaia di anni per completare il suo ciclo di decadimento.
Se ci aggiungiamo che la materia prima, l’uranio, non è di certo illimitata e che secondo alcuni scienziati ha già passato il suo picco di estrazione (ossia, nonostante siano solo 60 anni che usiamo l’uranio, esso potrebbe esaurirsi ben prima del petrolio), i conti sono presto fatti.
LA RISPOSTA È NO
Quindi no, a meno di improvvise mirabolanti scoperte, il nucleare non ha futuro. Gli investimenti in questo campo risultano allora del tutto ingiustificati, specie in un momento storico in cui, tra l’altro, le rinnovabili sono in grado di produrre elettricità a prezzi più competitivi.
Puntare su una speranza piuttosto che sulle certezze che offrono le rinnovabili, è un suicidio. Basti pensare che l’elettricità da impianti eolici o solari in UK costa mediamente 80 sterline, contro le 93 stimate per gli impianti nucleari.
Insomma, gli anni del boom nucleare sono passati e questa tecnologia stenta ancora a dare i frutti promessi. Vale davvero la pena investirci altro tempo e denaro, togliendone a risorse più promettenti?