GENNARO VENTRESCA
Infungibile. Sembra proprio il caso di usare questo termine per spiegare che Danilo Alessandro si è finalmente acclimatato e che sarebbe il caso di fargli disfare in fretta il bagaglio, per tenerselo stretto, sino a fine stagione. Anche se la sua busta paga pesa più delle altre. Danilo è diventato proprio infungibile. A tal punto che l’hanno capito anche i suoi innumerevoli censori che non vedevano l’ora che cambiasse maglia e indirizzo.
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Per carità, nessuno è insostituibile, nel volubile mondo dei calci d’angolo. Ma trovare un altro 10 del suo valore non sembra facile. Meglio quindi, tenersi stretto il nostro gioiellino e sperare che nelle venti partite che restano da giocare, possa anche far meglio. Mi par di capire, sulla scorta delle ultime sfide che lo stesso Cudini, finalmente più razionale e sanguigno, gli abbia trovato il ruolo che meglio lo qualifica.
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Erano l’uno accanto all’altro, in tribuna, Donato Toma e Roberto Gravina. Svestiti delle loro divise di partito hanno idealmente indossato la casacca grigia (che resta brutta) che per la circostanza è toccata ai nostri ragazzi che, sull’abbrivio di una prova lusinghiera, hanno dominato e battuto la Recanatese, seconda forza del girone, da qualche tempo in affanno. Mi piace che anche le istituzioni si siano avvicinate a Mario Gesuè e al suo gruppo. Facilitando l’aggregazione.
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Passo ora al censimento dei meriti. Cominciando da quel Candellori che senza rubare titoli mastica un buon calcio, corre, randella e trova anche il modo di mettere in mezzo, dopo un prepotente lungo-linea, la palla che il disperato difensore marchigiano, per non farla giungere al falco Cogliati, la spedisce nella sua rete. E vengo a Menna, uscito malconcio dopo una prova immacolata, in cui, sostenuto dal suo drappello, ha cancellato dal gioco il temuto Pera e reso a miti pretese gli altri fucilieri del fratello di Giampaolo, lo sventurato “farmacista” rossonero.
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Il folletto resta sempre il migliore. Ah, se l’avessimo avuto dall’estate, sono certo che la stagione avrebbe preso un’altra piega. Pietro Cogliati aveva ragione ad aspirare al ritorno in Lega Pro. La Serie D, per uno del suo taglio, sembra una mortificazione. A cui si aggiunge anche il distacco dalla giovane e fresca moglie che vive a Milano, a cui può riunirsi per poche ore settimanali, mettendo in conto, tra andata e ritorno, 16 ore di guida.