di Sergio Genovese
In un mondo che vive ormai disteso sulla propulsione ( sostantivo ricercato) della immagine, che ha fatto del selfie una sorta di segno della croce per iniziare bene la giornata, che ha unito giovani ed adulti in una crociata che appaga tutte le paure e le debolezze che ci assalgono, non c’era da meravigliarsi se il dott. Giancarlo Conticchio, questore di Campobasso sino a qualche settimana fa, per annunciare il suo addio è ricorso a diverse conferenze stampa che si sommeranno a quelle che realizzerà a Salerno, nuova sede di servizio. In un mondo non artefatto e solido sarebbe bastato un comunicato stampa, in un contesto liquido ed a pelo d’acqua c’era bisogno di tanto clamore fino all’eccesso del risultato pubblicitario. Naturalmente il “reportage” non si ferma all’ex questore di Campobasso ma si spalma, divaricato, su ogni settore del nostro quotidiano. In ambito scolastico abbiamo una dirigente che comunica sui social, in tv, dalle finestre di casa, ogni notizia che con la scusa della informazione utile all’utenza riverbera luce al proprio ego. Mi è stato fatto leggere un post di una docente di una Scuola di Campobasso che su Facebook si racconta e dà i voti al suo essere valutando con dieci il suo fascino mentre ci chiediamo quale potrebbe essere l’esito per giudicare la sua inconsistenza pedagogica. Da Kant a Chiara Ferragni il passaggio rappresenta fedelmente la furia al ribasso che ci connota. Ma ne abbiamo per tutti i gusti visto che mi sono passate sotto all’occhio le immagini di un docente accreditato che a petto nudo chiede anche ai suoi studenti di valutare la tonicità dei suoi pettorali. Direbbe il grande Salemme :” Cose da pazzi!” Ma Avvocati, magistrati, medici, poliziotti, non perdono occasione per proporsi alla ribalta. Curioso il comportamento di alcuni legali che se vincono una causa inondano di comunicati stampa le redazioni, quando le cause le perdono si consegnano ad un rassicurante silenzio. Apparire è diventato più importante che essere. Al di là della retorica che si può intercettare, se si favorisce una minima riflessione, si può capire come questo nostro modo di vivere ci abbia portato alla desertificazione del nostro essere uno dentro una comunità multipla. Essere uno in mezzo a mille con un visibile costume civico, era il progetto che i vecchi indimenticabili maestri di un tempo volevano portare a compimento. I maestri di oggi inneggiano ai propri pettorali trasferendo ai propri studenti la superficie di una consistenza che cammina spedita sulle gambe di argilla. Ma dal selfie e dalla ribalta non si sono salvate neanche le processioni religiose, i funerali, figuriamoci tutto il resto. Ora i preti hanno il proprio addetto stampa ed i Vescovi camminano con uno staff con tanto di macchine fotografiche e telecamere. Non ne sono sicuro perché la memoria comincia a fare cilecca ma mi chiedo e vi chiedo:” Un tempo si diceva che la discrezione, l’umiltà e la riservatezza erano i gioielli luccicanti delle persone che valevano?” Ora che ricordo, proprio questo si affermava. Perché non rammentarlo ai fanatici della immagine che se non si raccontano muoiono nel corpo ma non si sono accorti che da tempo sono morti nell’anima.