L’Ekklesia ha una porta sempre aperta

XXIII Domenica del tempo ordinario (A)

Mt 18, 15-20

Come può il cristiano difendersi da chi lo perseguita  o commette azioni sbagliate nei suoi confronti? Il brano offertoci dalla liturgia di oggi sembra rispondere proprio a questa domanda.
La ratio che sembra prevalere nell’atteggiamento di Gesù è quella del recupero del fratello, anche nel verificarsi dell’eventualità più estrema. Si è scelto di utilizzare il termine Ekklesia, piuttosto che “Chiesa” per sottolineare la dimensione comunitaria e fraterna. Il termine greco infatti vuol dire “assemblea”, normalmente; nel linguaggio comune invece si indica più spesso l’edificio o il complesso istituzionale, con un riferimento alla dimensione umana molto meno marcato.

+In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;+

La prima cosa che vorrei sottolineare è il termine “fratello”. Oramai siamo troppo abituati a pronunciarlo con leggerezza, senza riflettere sul suo senso più ovvio. Si tratta di un legame di sangue, forte, vincolante. Non dovremmo mai chiamare nessuno fratello o sorella alla leggera, questo svaluterebbe il valore prezioso di questa parola. Siamo più propensi a perdonare chi amiamo e sentiamo vicino, per questo Gesù ci spinge a vedere chi commette una colpa contro di noi come un “fratello”: “Amate i vostri nemici!” (Mt 5, 38-48). Certo, come, a scanso di equivoci, tengo sempre a precisare nelle mie meditazioni, l’amore per il nemico non è un atteggiamento melenso e passivo di fronte al peccato e all’errore; chi subisce un torto ha il diritto di difendersi e il dovere di correggere l’offensore, così Gesù ci invoglia a ottenere quello per cui è venuto: la Salvezza dell’uomo! Dobbiamo cercare, senza odio e rabbia, di far capire a chi sbaglia le conseguenze che le sue azioni hanno sugli altri e su se stesso. Se chi ci ha fatto del male si ravvederà grazie al nostro intervento, entrambe le parti guadagneranno  un bene in cielo e, cosa non da poco, ci sarà un po’ più di pace su questa terra! Notevole è l’importanza che Gesù dà al riserbo. Già allora la buona reputazione era considerata un bene prezioso che andava tutelato.

+…se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.+

Gesù non sta parlando di un episodio, per il quale vale la regola del “porgi l’altra guancia” (cfr Mt 5,39), ma di un atteggiamento reiterato e/o persecutorio. Come si può difendere dagli attacchi chi vuole seguire i consigli evangelici? Il consiglio di Gesù e quello di confidarsi con altri stimati fratelli (c’è un accenno Dt 19,15 ) e, conseguentemente, non chiudersi in un atteggiamento omertoso: bisogna sottomettersi a Dio solo, mai al male!  Il più delle volte chi sbaglia verso gli altri potrebbe essere convinto che stia facendo la cosa giusta, non è sempre scontata la distinzione fra bene e male, ecco perché, l’offeso stesso è invitato scegliere due testimoni per dirimere il problema, sempre con il fine di recuperare chi sbaglia, ma anche cercare di farsi un’idea obiettiva sui fatti. A tal proposito dicevano i latini: nemo iudex in causa propria, c’è sempre bisogno di confrontarsi per una valutazione affidabile delle controversie che ci riguardano in prima persona, generalmente o si è troppo cattivi verso se stessi oppure troppo buoni.

+Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.+

Da notare: Gesù tiene tantissimo al singolo individuo, nella sua Chiesa tutti devono sentirsi a loro agio! Questo brano fornisce delle indicazioni pratiche proprio per la tutela dell’individuo nei confronti della sua comunità, che è così chiamata a prendersene cura. Se il confronto con testimoni ritenuti giusti e saggi non basta, l’atteggiamento anti-omertoso, pacificatore e reintegrante, promosso da Gesù, porta conseguenzialmente al confronto con la comunità, che, dopo un attento discernimento dovrà mettere davanti a una scelta chi si ostina nel compiere il male:  ” vuoi continuare o meno a far parte dell’Ekklesia? Solo davanti all’ennesimo “no” e all’inconfutabile dimostrazione della sua colpa, il reo sarà da ritenere “come il pagano e il pubblicano”. Qui il neofita potrebbe cadere nel tranello del linguaggio e dei luoghi comuni. La lettura dei capitoli precedenti ci ha fatto scoprire come Gesù ci invita ad amare, pregare ed accogliere pubblicani, pagani e peccatori. Quello a cui allude Gesù non è dunque un’estromissione permanente, ne una condanna, ma un atto di verità che colloca chi si ostina a fare il male fra le “monete smarrite nella casa” (cfr Lc 15, 8-10); la categoria di chi facendo parte dell’Ekklesia (assemblea dei chiamati) si perde non fuori, come la pecora smarrita, ma, appunto, dentro! Da qui si evince che mai nessuno è davvero fuori dalla Misericordia divina se non a causa di un’ostinata chiusura.

+In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.+

Legare e sciogliere sta a riconoscere come giusto o ingiusto, vero o falso, lo stesso linguaggio che abbiamo ritrovato altrove (Mt 16, 19-20). Gesù sta parlando dunque di discernimento, fatto alla luce della Parola e sostenuto dalla preghiera. Viene menzionato il cielo perché la responsabilità che ci si addossa è grande, inoltre le scelte  che si faranno avranno delle conseguenze efficaci sul piano spirituale e materiale.

+In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».+

Il brano termina su un invito alla ricerca costante della concordia alla quale, come Gesù ci rivela, è vincolata l’efficacia della preghiera comunitaria. Non è l’unico caso in cui questa necessità è menzionata (cfr. Mt, 5, 23-24), ovviamente questa regola resta valida anche nella preghiera personale: non ci si può rivolgere al Padre di tutti senza chiedere il bene per tutti. È normale sentire rabbia verso chi ha fatto soffrire, sarebbe stupido affermare il contrario, ma una cosa sono gli stati d’animo, altra la volontà di rispondere al male con il male! Converrete con me che questa non è una conclusione da ritenere scontata, tanti che si proclamano cristiani vantano il diritto alla vendetta e d’infliggere dolore a chi ritengono colpevoli. Ma come può il male essere curato con il male? Teniamo sempre a mente Cristo nella persecuzione e ne usciremo vittoriosi!

Felice Domenica.

Fra Umberto Panipucci