L’attualità di Manzoni, il narratore-filosofo che ha fatto l’Italia

di Giuseppe Carozza

Campobasso. Il centocinquantenario della morte di Alessandro Manzoni (22 maggio 1873 – 2023) si sta avvicinando velocemente e i cantieri della critica e degli studi manzoniani sono già in fermento, almeno a guardare attentamente a quanto succede intorno a noi, intendo dire “intorno” alla nostra regione in cui, se ne può essere certi, per le prossime settimane di tutto si parlerà (in primis delle elezioni regionali e della corsa spasmodica dei vari candidati agli scranni di palazzo D’Aimmo) tranne che di questa ricorrenza che, a ben vedere, non dovrebbe interessare solo gli eruditi della letteratura, ma coloro che in generale amano il proprio Paese ed il suo patrimonio artistico e culturale. In effetti, senza tema di essere smentiti, si può ben dire che I Promessi sposi, il capolavoro dello scrittore lombardo, hanno fatto l’Italia. Chi infatti a scuola non li ha studiati se non letti? E quale italiano, almeno a grandi linee, non ne conosce la storia, le principali vicende e i personaggi più importanti? Eppure, come ci insegna Hegel, << ciò che è noto, proprio in quanto noto, non è conosciuto >>. A tutti noi, I promessi sposi restano sotto tanti punti di vista sconosciuti, perché sono un’opera – mondo immensa, complessa e enciclopedica. Certamente, si potrebbe obiettare, Manzoni non si identifica unicamente nel suo celebre romanzo storico, dal momento che nella sua poliedrica esperienza di scrittore rientrano generi diversi come la poesia lirica, la tragedia, la filosofia e la teologia stessa; ma è altrettanto vero che il nostro “ don Lisander ” ha l’indiscusso merito di aver dato origine, con I Promessi sposi, alla tradizione più matura del romanzo, un una forma narrativa che era quasi misconosciuta, se non addirittura disprezzata, dalla cultura classicistica imperante nella nostra Penisola e che, proprio grazie a lui, diventa il genere destinato a dominare la scena letteraria sino ai giorni nostri. Il suo romanzo è un vasto affresco storico, pervaso da un atteggiamento lucidamente critico nei confronti delle ingiustizie di una società ancora feudale, come quella della Lombardia spagnola del Seicento. La ricostruzione manzoniana tuttavia porta con sé anche un’idea di società per le forze liberali e progressive che si incamminano verso il Risorgimento, verso il riscatto dell’Italia dalla sua secolare arretratezza. La sua è quindi un’opera di forte impegno politico e civile, portatrice di un messaggio che ebbe un’influenza determinante nella formazione della coscienza nazionale italiana.
Dal punto di vista letterario, la forza a dir poco rivoluzionaria del romanzo manzoniano consiste, attraverso l’assunzione di due popolani a protagonisti (Renzo Tramaglino e Lucia Mondella), nell’aver innalzato ad alta dignità e a serietà tragica una materia umile e quotidiana, che la tradizione classica avrebbe relegato a un livello minore. In questa scelta agisce la visione cristiana di Manzoni, che lo porta a rivendicare il valore degli ultimi e degli umili. Al tempo stesso il romanzo propone un messaggio religioso problematico, per nulla conformistico, fondato su una visione tragica della condizione umana scaturita dal peccato e dominata dalla violenza e dall’ingiustizia. Da una parte l’autore lombardo legge il negativo di tale condizione come sventura provvidenziale, nel senso che può far maturare nell’uomo una più profonda consapevolezza del male e un’apertura caritatevole verso il prossimo, dall’altro però non propone un’idea di passiva rassegnazione ma delinea la possibilità di un miglioramento della vita umana già ora, su questa terra, grazie al messaggio del Vangelo, che è in grado di condurre a un alleviamento del disordine presente nella società e nella storia. Nella sua concezione si fondono quindi un liberalismo di matrice illuministica e un cristianesimo aperto alla modernità. In tale ottica si può dire, con Elena Mazzola, autrice di un recente studio sul nostro romanzo, che ne I Promessi sposi ogni parola dei vari protagonisti è << gravida d’un senso misterioso >> , profetico come nel caso di Fra Cristoforo, ma è anche anti-parola, nel “latino rum” manipolatorio di don Abbondio o nelle vili e piratesche inversioni di Azzecca-Garbugli, che fa giustizia ai bravi ma non a Renzo perseguitato da don Rodrigo, il cui nome – ancora potere bianco o nero della parola – asservisce e spaventa. In tutto il romanzo, nelle sue profondità, rifulge la parola vera, la parola che è sacramento, che è mistero, la parola performante, che fa ciò che dice e rimanda, in questo modo, al davar biblico e sempre al Logos giovanneo. E Manzoni ci chiama a riflettere: quanto la parola di questo o di talaltro personaggio assomiglia alla Parola, quanto ne è invece la parodia, lo svuotamento eretico? Se la parola del Cardinale con l’Innominato è confessante e sacramentale, quella dei giudici della Colonna infame, che estorcono una confessione, ne è il pervertimento. Scendere, per così dire, nella carne o, se si vuole, nella parte più recondita del romanzo fa vedere che il << pane del perdono >> di Fra Cristoforo è anche figura dell’Eucaristia e che Lucia è << Luce da Luce >>, cioè in tutto “figura Christi”, << sposa >> che sta al << piano superiore >> e discende al << nella stanza terrena >>, perché lei è << quell’unica figlia, in cui [Agnese] aveva riposta tutta la sua compiacenza >>, con evidente e pur nascosto eco evangelico.
L’opera – mondo manzoniana resta dunque aperta ad una lettura plurilivellare ed infinita. Anche il senso letterale continuerà ad affascinare i lettori. Anzi, c’è di più: se scendi in profondità, troverai altri sensi, altri mondi e qualcosa del mistero della Parola che sta all’origine ti si schiuderà. Lungi dall’essere quell’autore noioso e bigotto che, ahimé, viene talora stancamente ( e colpevolmente) offerto alla riflessione di tanti nostri studenti, ecco che lo scrittore lombardo appare in tutta la sua fresca vitalità di cittadino e credente, ancora disponibile ad accompagnarci lungo il cammino, spesso impervio ma sempre affascinante, teso alla ricerca del Vero e del giusto.