L’Arcivescovo Bregantini ricorda monsignor Enzio D’Antonio

«Il suo è stato un episcopato innovativo, quasi “rivoluzionario”»

L’arcivescovo mons. Giancarlo Bregantini, la curia e la diocesi tutta partecipano con dolore alla notizia della scomparsa di mons. Enzio D’Antonio, arcivescovo di Lanciano-Ortona, arcivescovo della nostra diocesi per circa due anni, dal 1977 al 1979. «Il suo episcopato è stato molto breve, poco più di due anni. Ma è stato un episcopato fertile e fecondo, innovativo, quasi “rivoluzionario”. Un pastore giunto presso di noi in un periodo particolarissimo della storia di questa nostra terra Molisana. Era infatti finito il lunghissimo servizio episcopale di mons. Carinci, che aveva retto la nostra diocesi dal 1943 al 1977, cioè per oltre 34 anni, subito dopo il martirio di mons. Secondo Bologna. Seppe però gestire la diocesi in un momento complesso come la guerra mondiale, i bombardamenti, il confuso dopo guerra, la fase precedente al Concilio Ecumenico, cui egli aveva partecipato. Molto dura, come in ogni altra dicesi, fu per mons. Carinci la gestione delle tensioni in atto subito dopo il Concilio, negli anni turbolenti della contestazione. Fu proprio in questo conteso di forti cambiamenti che si innestò mons. Enzio D’Antonio, con la sua personalità schietta e sincera, limpida e tenace. Chiaro era il suo intento. Inviato in diocesi dagli ambienti romani, ebbe un impatto diretto con la mentalità spesso lenta del Molise. Aveva infatti nel cuore quel grande sogno che gli aveva trasmesso l’Assise conciliare: creare una chiesa libera e povera. Povera e libera. E incisiva. Non è mancato perciò lo scontro diretto con la mentalità locale, di un certo clero arroccato con visioni preconciliari. Basti pensare che andava nei paesi in clergiman. Non in abito talare. Voleva chiarezza economica, libertà dalla politica, un cammino di forte impatto sociale. In tanti aspetti, già faceva presagire quel forte rinnovamento ecclesiale e sociale che solo ora con papa Francesco, possiamo vivere con semplicità e chiarezza, pur se anche oggi ci dobbiamo scontrare con le stesse sue difficoltà. Per questo, nominato come Vicario Generale don Antonio Nuzzi, sceglie di lasciare la nostra diocesi, in modo silenzioso e discreto, d’intesa con la CEI, pur con il cuore spezzato per tanta sofferta sua decisione. Ancora oggi, sappiamo quanto ha sofferto, come mi hanno subito riportato i miei preti che l’hanno conosciuto. E come io stesso, da Vescovo attuale, ho potuto raccogliere dalle sue labbra, nei pochi ma intensi dialoghi avuti personalmente con lui a Lanciano. Proprio a Lanciano ho auto modo di guastare l’archivio diocesano che egli aveva curato, con interesse, passione e competenza speciale. Per questo, ci sembra doveroso chiedergli perdono per questa spina, che non lo ha mai lasciato. Siamo però certi che lui, dal cielo, ci comprenderà, per quella sua forte spiritualità, coltivata con fiducia, guardando la vita dei nostri Santi».