La Preghiera trasfigura il Mondo

III Domenica di Quaresima (c)Lc 15,1-3.11-32

In questo brano evangelico vengono affrontate domande che prima o poi tutti i credenti si fanno. Perché c’è il male nel mondo? Per quale motivo alcune sciagure capitano a determinate persone piuttosto che ad altre? Rispondendo Gesù ci invita a non cedere all’idea di un dio vendicativo e giustizialista, ma allo stesso tempo ci fa capire che il peccato ha delle conseguenze terribili, e non solo per chi lo commette. +In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici.+Quanto orrore. Non sappiamo molto sulla notizia in sé e sulle motivazioni che hanno spinto Pilato a compiere un simile gesto, il quale ha certamente tutto l’aspetto di un monito, un invito a non seguire le orme delle sue vittime. Possiamo però tentare una ricostruzione plausibile dei fatti. A quei tempi, al termine Galileo, veniva associata facilmente anche un’altra parola, ovvero: “Zelota”. Quella degli zeloti era una setta giudaica, che voleva liberare Israele attraverso la lotta armata. Il messaggio di Pilato, alla luce di questa notizia diventa chiaro: “Se proprio volete sacrificare la vostra vita per Dio vi aiuterò io”. Pilato aveva così sacrificato le vite di quegli uomini alle divinità greco-romane; quella gente seppure in modo sbagliato, lottava per ragioni legittime. Un israelita credente non avrebbe potuto immaginare una morte peggiore. Una crudele ironia che non otterrà mai l’effetto voluto. Sappiamo bene che Israele non verrà mai piegato dalla violenza dei romani, come non è stato piegato da quella di tutti persecutori che ha incontrato lungo i millenni.Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».Gesù prende la palla al balzo per correggere un errore molto diffuso fra i credenti di allora, ma senz’altro tale messaggio resta valido tutt’oggi; fatto che spesso accade con le parole del Maestro. L’equivoco che si vuole chiarire è questo: Dio non è il burattinaio della storia, non elargisce raffreddori e mal di pancia, non è la causa delle terribili malattie che affliggono l’umanità, non scatena le forze della natura per decimare il suo popolo. L’amore senza riserve che il Padre ha per l’uomo non è contraddittorio, ma persistente, incrollabile. È però vero che Gesù mette in evidenza un legame esistente fra il peccato e le sciagure che affliggono il mondo. Tuttavia Egli non fa mai intendere che la causa di questi eventi sia “voluta”. Come possono allora essere interpretate queste parole? Mi ritengo sufficientemente ignorante da poter esprimere il mio parere senza essere preso troppo sul serio: peccando l’uomo allontana Dio dalla storia perché in qualche modo gli chiude le porte. Nel celebre racconto boblico, Adamo ed Eva, attribuendo a se stessi la facoltà di discernere arbitrariamente il bene dal male, avevano escluso il loro stesso Creatore dalla loro esistenza silenziando la loro coscienza. La loro vita non era più nell’“Eden”, ovvero nella relazione d’amore e amicizia con Dio: era diventata esilio. Dio è la Vita, lontano da lui c’è la morte, il disordine, lo squilibrio, la guerra, l’omicidio, la corruzione. Il peccato apre le porte all’opera distruttiva del maligno, che si abbatte sull’uomo e la creazione con l’invidia furiosa di chi odia. La Preghiera, la vita di Grazia nella Carità, non trasfigurano solo l’uomo, ma anche il cosmo. Se tutta l’umanità accogliesse Dio nel suo cuore, questo mondo, pieno della presenza del Dio accolto, ri-diventerebbe un Eden, semplicemente perché vivere in comunione con la Santa Trinità rende partecipi della vita divina. +Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».+Qual’è il messaggio di questa parabola? Abbiamo tutti ancora un anno di tempo per convertirci? Per fortuna no, anche perchè nel frattempo ne sono passati già più di 2000. Il Padrone e il Vignaiolo sembrano due persone diverse e che perciò hanno pareri contrastanti. siamo difronte allora a una rappresentazione contraddittoria di Dio? Senza dubbio no; si tratta di una esemplificazione figurata e non dobbiamo essere troppo pignoli nell’interpretarla. Certamente quel Vignaiolo, che insiste così tanto per dare a quel fico sterile un’altra possibilità, somiglia tanto a Gesù, che anche sulla Croce, umiliato, ferito mortalmente, tradito ed abbandonato, continua a sperare in questa umanità chiedendo al Padre di perdonarci. L’albero che non porta frutto è quell’Israele che non ha saputo riconoscere e accogliere, risultando così infedele. A questo popolo viene concesso un’anno di Grazia, cioè quello in cui Gesù predica pubblicamente. Secondo alcune tradizioni, invece, tale periodo è di tre anni. Il Messaggio dato a quel tempo può però essere attualizzato. L’anno chiesto al padrone è tutta la storia, ma anche l’intero arco della nostra vita, che non deve trascorrere senza aver portato frutto. Non tradiamo la fiducia di questo Dio, sforziamoci di portare quel frutto che il seme piantato nel terreno della nostra anima vuol far maturare.Fra Umberto Panipucci.Felice Domenica.