La mia generazione di smidollati è abituata a combattere contro i mulini a vento (LA LETTERA)

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Ho letto con attenzione l’articolo pubblicato dal dottor Genovese. (L’ARTICOLO QUI)

Non conosco la persona in questione, ma in qualche modo spero vi si possa attribuire il titolo di “dottore” data l’altezza da cui guarda la mia generazione.

Dentro di me quell’articolo ha suscitato fastidio.

Eppure ho cercato di leggerlo con spirito critico ed in chiave oggettiva.

Viene citato in giudizio “andare dallo psicologo”;

Mi chiedo come si possa giudicare la scelta di chiedere aiuto da parte di persone fragili, mi chiedo come sia possibile perché la lotta che porto avanti da sempre (e chiunque mi conosce lo sa) è che non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto perché la salute mentale fa parte del concetto di salute in se, eppure questa ancora viene additata e vista come qualcosa che non serve, che fa sembrare deboli..perché la nostra generazione non può essere debole. I miei genitori, i miei nonni e così a ritroso, non avevano bisogno di laurearsi per trovare un buon lavoro e invece oggi non bastano due lauree e un master per ridurre la competizione. Non bastano dieci anni di università con un percorso dignitoso per avere la possibilità di fare un tirocinio (non di avere un lavoro eh, di fare un tirocinio che qua serve esperienza per lavorare quindi via di tirocini e apprendistato presso aziende e strutture che mai poi ti assumeranno, ma si devono accettare che sennò siamo bamboccioni sfaticati e privi di obiettivi) perché il percorso dignitoso lo fanno tutti e quindi quel tirocinio può andare anche a qualcun altro. Perché la mia generazione sa che è continuamente in competizione, quindi deve dare di più, deve fare di più, deve spingere. E quella pressione non tutti la reggono. L’umiliazione di non finire quel percorso soprattutto, non tutti la reggono. Lei, dottor Genovese, si permette di parlare di smidollati.

Mi perdoni, ma un ragazzo di nemmeno 30 anni che si butta giù dal balcone della sua università perché non riesce a laurearsi io non lo vedo smidollato, ma disperato. 

La frustrazione di chi non ha un lavoro e deve andare via per poterlo avere e spesso nemmeno riesce a mantenersi con quello stipendio, a me fa rabbia, non pena.

Faccio parte della generazione da lei tanto criticata eppure mi chiedo: secondo lei chi devo prendere d’esempio? Non parlo dei politici italiani perché sarebbe scontato, ma mi dica, crede che i sacrifici di chi, quando c’era la guerra, andava a scuola sotto le bombe abbiano più valore di chi ad oggi quando va a fare un colloquio di sente come se stia affrontando una battaglia?

Lei ritiene che bisogna ribellarsi. Sono d’accordo. Ma a chi? A cosa? Chi ha la colpa di una generazione abbandonata a se stessa che non vedrà la pensione? Come posso biasimare i miei coetanei che percepiscono reddito di cittadinanza invece di lavorare se poi alcuni vorrebbero farli lavorare 10 ore al giorno per 700€? Mi scusi, sarò una voce fuori dal coro, ma non li reputo inetti..anzi. Non credo sia tanto sbagliato dare anche un valore economico adeguato al lavoro. 

Da poco c’è stato un concorso in ambito sanitario in Molise: ha visto quanti “soldati” hanno passato ore in condizioni disumane a Roma per poterlo sostenere? Si è chiesto quanti precari hanno riposto ogni speranza in quelle crocette? Non credo. Altrimenti non penserebbe che non abbiamo una schiena di piombo. La mia, per lo meno, oltre ad essere forte, ha pure qualche ernia data dal lavoro, che mi tengo stretto, ma che mi ha richiesto mille sacrifici fisici e mentali. Perché in pieno lockdown, mi creda, non è facile fare una valigia e andare via per poter lavorare.

E non avevo tempo e forze per cercare il mio esempio che mi insegnasse a camminare tra bora e tramontana.

La mia generazione di smidollati, è abituata a combattere contro i mulini a vento.

M.Noemi d’Ancona