La cisterna-basilica, una bellezza nascosta

Per la rubrica “Alesia ed i suoi compagni di viaggio” Claudio Calcinai, architetto, ci accompagna questa settimana alla scoperta di un’opera straordinaria.

di Claudio Calcinai

Durante le vacanze estive mi sono imbattuto in una notizia che mi ha incuriosito e stimolato ad approfondire una ricerca sul tema.
Il breve articolo parlava della Cisterna Basilica di Istanbul, un “palazzo sommerso” che svolgeva la funzione di un grande serbatoio d’acqua per l’approvvigionamento idrico della città.
Una creazione ingegneristica e architettonica misteriosa ed emozionante che rappresenta oggi uno dei monumenti più visitati di questa città, che si trova sottoterra nel centro antico della moderna Istanbul, a pochi passi dalla Hagia Sofia, ufficialmente nota come “Grande Moschea Benedetta della Grande Hagia Sofia” ritornata al culto islamico dal 10 luglio 2020, nel distretto di Fatih all’interno del mahalle di Sultanahmet.
Quest’opera, che in turco viene chiamata “Yerabatan Sarnici” (cisterna sommersa) o “Yerabatan Sarayi” (palazzo sommerso), è stata costruita dall’imperatore Costantino nel IV secolo e poi ampliata e terminata dall’imperatore Giustiniano nel 532, per prevenire il rischio che la città rimanesse priva di approvvigionamento idrico durante un assedio. Sembra, dalle ricerche, che questa facesse parte di un insieme di oltre 40 serbatoi sotterranei realizzati nell’intorno di Istanbul.
Si dice anche che il nome di questa imponente struttura sotterranea deriva da una grande piazza pubblica sulla prima collina di Costantinopoli, la Stoà Basilica (o Portico Imperiale), sotto la quale, prima di essere convertita in una cisterna, sorgeva una grande basilica romana, costruita tra i secoli III e IV. Era un luogo piuttosto significativo per i residenti della città, perché in quei tempi lontani sulle piazze centrali venivano costruiti edifici religiosi, e loro stessi si trasformavano in centri culturali ed educativi, presso i quali operavano scuole e si organizzavano biblioteche.
Più di settemila schiavi hanno partecipato alla costruzione di quest’opera, che è durata quasi duecento anni.
L’acqua, proveniente dalla foresta di Belgrado, veniva prelevata, dopo un lungo tragitto, a nord di Istanbul, per mezzo di uno degli acquedotti più lunghi costruiti nel tardo periodo romano, addirittura utilizzato fino agli anni ’50 e ancora oggi in parte visibile.
Uno studioso francese, Petrus Gyllius (o Pierre Gilles), scoprì il luogo nel 1555, durante delle ricerche che stava effettuando nell’area di Santa Sofia. Era sorpreso che in quella zona i cittadini attingessero l’acqua dai pozzi e insieme all’acqua pescassero pesci. Incuriosito Gyllius esplorò più dettagliatamente il quartiere e scoprì una casa dalla cui cantina riuscì a scendere fino alla cisterna con una torcia in mano e su una barca e, in condizioni molto difficili, prese le misure della cisterna e delle colonne. Lo studioso pubblicò poi ciò che vide nel suo diario di viaggio, libro che in seguito influenzò molti viaggiatori.
Tuttavia, anche dopo la scoperta, gli ottomani non trattarono il cosiddetto “Palazzo sotterraneo” con il rispetto che avrebbe meritato, tanto da arrivare ad utilizzarlo come discarica per ogni sorta di rifiuti, compresi cadaveri.
Ed è solo sul finire del XIX secolo che la cisterna è stata interamente ristrutturata nel 1985 e nel 1987 aperta al pubblico.
Considerando che la cisterna era rimasta inattiva per tanti anni, in essa si erano accumulate tonnellate di limo e di fango, quindi ci è voluto molto tempo per mettere tutto in ordine ed in sicurezza con un accurato restauro strutturale ed organizzare questo immenso spazio sicuro per le escursioni.
Questa imponente struttura, che si trova al di sotto del livello stradale, sembra una grande chiesa sommersa di origine incerta e antica dove si respira un’atmosfera surreale.
L’ambiente è ancora oggi in ottimo stato di conservazione, capace di contenere ancora sul fondo una certa quantità di acqua, sufficiente per far sopravvivere numerosi pesci.
La cisterna presenta una lunghezza di circa 143 metri ed una larghezza di circa 70 metri. L’enorme cisterna, avente una capacità di circa 80.000 metri cubi di acqua, si sviluppa per una superficie totale di circa 9800 metri quadrati ed ospita 336 colonne alte circa 9 metri poste a distanza l’una dall’altra di mt.4,90 circa, erette ad intervalli regolari e disposte in dodici file di 28 colonne ciascuna, sovrastate da suggestivi capitelli su cui poggiano delle volte a crociera e archi a tutto sesto in mattoni pieni posti per coltello. I capitelli di più stili: ionico, corinzio, dorico con alcune eccezioni. I muri perimetrali che contengono i terrapieni, realizzati in mattoni pieni, risultano di notevole spessore (circa quattro metri), costruiti con una malta speciale impermeabile (malta Horasan).
Sotto due colonne della cisterna si trovano le statue di teste della Medusa La Gorgone, una ruotata di 90 gradi, presumibilmente proveniente dal tempio di Apollo a Didyma, situato sulla costa dell’Egeo, e l’altra, completamente capovolta ma da dove è stata prelevata rimane ancora oggi un mistero. Secondo gli storici queste furono messe o per innalzare l’appoggio di due colonne che erano più basse delle altre o per proteggere la cisterna dagli occhi maligni. Nella mitologia la Medusa è una delle tre gorgoni che ha la capacità di pietrificare chiunque la guardasse.
Una delle colonne, detta “piangente” è incisa con immagini in rilievo di un occhio di gallina, coda di pavone, rami inclinati e lacrime. Questa colonna ricorda le colonne dell’Arco di Trionfo di Teodosio I° del IV secolo (379-395 d.C.), erette nella Piazza “Foro Tauri”.
Antichi testi suggeriscono che le lacrime sulla colonna rendono omaggio alle centinaia di schiavi morti durante la costruzione della Cisterna Basilica. La maggior parte delle colonne della cisterna sembrano essere state riciclate dalle rovine di edifici più antichi (un processo chiamato “spoliazione”), probabilmente portate a Costantinopoli da varie parti dell’Impero, insieme a quelle utilizzate nella costruzione di Hagia Sofia.
Tutte le murature portanti, così come le colonne e le volte sono state idoneamente restaurate, i pavimenti cementati e recuperati ed è stata organizzata una intelligente illuminazione diffusa degli spazi e di tutti gli elementi architettonici di rilievo, che accompagnata dalla diffusione di musica rilassante, esaltata da un’acustica eccellente, crea un’atmosfera misteriosa ed evoca un piacere indescrivibile tra i visitatori.
Se a tutto ciò aggiungiamo la presenza di carpe che nuotano tranquille al di sotto delle passerelle in legno ed il tempo è scandito dalle gocce d’acqua provenienti dalle volte, possiamo veramente dire che siamo in un luogo unico e magico di questo nostro stupendo pianeta.

  • CLAUDIO CALCINAI,
    architetto fiorentino, libero professionista, appassionato di restauro, Vice-Presidente dell’Associazione “Alesia2007” Onlus.