“Alesia ed i suoi compagni di viaggio” ospitano, nella consueta rubrica domenicale, l’amica Dott.ssa Antonia Ida Fontana, che di cuore ringraziano
La Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze trae la sua origine dal ricco lascito di Antonio Magliabechi; bibliotecario dei Medici, erudito, bibliofilo, punto di riferimento per i dotti di tutta Europa, aveva dedicato la vita alla raccolta di una biblioteca imponente per la sua epoca: 30.000 volumi, che nel 1714 lasciò per testamento ”a benefizio universale della città”.
Dapprima gli esecutori testamentari Anton Francesco Marmi e Lorenzo Comparini e successivamente i bibliotecari nominati dai Granduchi Lorenesi (fra gli altri Antonio Cocchi, Giovanni Targioni Tozzetti) accrebbero il patrimonio con altri lasciti ed acquisizioni provenienti da studiosi, da illustri famiglie, dai Conventi soppressi. Volumi preziosi e di grande bellezza, manoscritti e a stampa, giunsero nel 1771 quando il Granduca Pietro Leopoldo donò la Biblioteca Palatina Medicea Lotaringia.
Tanto ampia e completa appariva l’eredità culturale della Pubblica Libreria o Magliabechiana, come veniva chiamata, che appena compiuta l’Unità Nazionale il 22 dicembre 1861, con regio Decreto promulgato da Vittorio Emanuele II e firmato dal Ministro alla Pubblica Istruzione Francesco De Sanctis, essa venne unita alla altrettanto preziosa biblioteca che si era andata formando nuovamente nel Palazzo Pitti ed assunse il nome di Biblioteca Nazionale, simbolo dell’identità e dei valori del nuovo Stato.
Il deposito obbligatorio degli stampati, di cui la Biblioteca godeva sin dal 1736 per quanto riguardava il Granducato, fu esteso a tutta il Regno ed il grande Direttore Desiderio Chilovi, consapevole del compitio di testimoniare la produzione editoriale, avviò nel 1886 quel Bollettino delle Pubblicazioni da cui poi si sviluppò la Bibliografia Nazionale Italiana, ora disponibile in Internet.
Dapprima ospitata nell’edificio degli Uffizi, la Biblioteca si estese ai palazzi adiacenti sinché non fu indispensabile pensare ad una nuova sede: solo nel 1905 a seguito di concorso internazionale fu scelto il progetto di Cesare Bazzani, che rispondeva all’esigenza di inserire l’imponente edificio nel contesto artistico della Basilica di Santa Croce, un Chiostro della quale entrava a far parte della Biblioteca.
Uno stile composito, attardato su linee neoclassiche, comunica al visitatore l’importanza della funzione culturale dell’Istituto, che presenta una divisione funzionale degli spazi. Grande cura fu dedicata anche all’arredamento, mobili in noce e lampade in pasta di vetro, ma di una assoluta modernità furono i magazzini autoportanti e la sala Cataloghi, con i pilastri rivestiti di acciaio. Le decorazioni interne ed esterne intendono esaltare la grandezza nazionale e citano oltre ai maggiori artisti Dante e Galileo, che richiamano l’unità della cultura umanistica e scientifica. Anche la Tribuna dedicata alle manifestazioni culturali è intitolata ai due Grandi, che sono ben rappresentati nel posseduto della Biblioteca: la maggior raccolta di manoscritti delle opere dell’Alighieri e il fondo degli autografi di Galileo e dei suoi discepoli.
Impossibile citare anche solo qualcuna delle opere più preziose fra gli 8.000.000 di documenti posseduti: preziosi manoscritti miniati ed antichi portolani, incisioni e grandi volumi acquerellati, autografi (da Boccaccio a Machiavelli, da Foscolo a Leopardi …) fondi musicali, carte geografiche, la preziosissima raccolta dei libri d’artista ma soprattutto la testimonianza della nostra cultura scritta nelle sue diverse espressioni.
L’ininterrotto servizio al pubblico, iniziato nel 1747, pur fra molte difficoltà soprattutto di natura economica, conobbe un arresto di (soli!) 4 mesi a causa della terribile alluvione di Firenze: la Biblioteca, costruita in riva all’Arno, fu tra le principali vittime della calamità, furono gravemente danneggiati i materiali conservati nel vastissimo seminterrato: giornali, riviste, miscellanee, opere moderne, e soprattutto centomila volumi appartenenti al fondo Magliabechiano e al preziosissimo fondo Palatino di grande formato; non meno gravi furono i danni a cataloghi e inventari. Il 1966 rappresentò tuttavia un momento di svolta: grazie agli aiuti anche internazionali ed all’opera di centinaia di giovani arrivati da tutto il mondo (gli angeli del fango) la Biblioteca riuscì a porre in salvo gran parte del patrimonio, che nei decenni successivi è stato restaurato con tecniche che hanno rivoluzionato il concetto di restauro librario.
Il rinnovamento si estese a tutti gli aspetti gestionali dell’Istituto, sin dagli anni ’50 del secolo scorso si compresero le potenzialità dell’informatica ed i 70 volumi del Bollettino delle Pubblicazioni vennero riuniti in un’unica serie (CUBI) grazie al trasferimento su schede perforate, nel 1997 la Bibliografia Nazionale Italiana venne prodotta in CDrom e venne inaugurato il primo sito ed offerti i primi servizi in rete.
I compiti delle Biblioteche Nazionali, pur nelle diversità storiche, culturali ed economiche dei vari Paesi, sono chiaramente individuati dalle linee guida dell’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura).
Il fondamentale servizio agli utenti in sede è in realtà la funzione minore se la confrontiamo con il compito essenziale di archivio della memoria del nostro Paese e luogo dove reperire le fonti della nostra identità, quelle che ci consentono di riconoscerci come popolo e ci permettono di esprimere i nostri valori comuni e di diffonderli in Europa e nel mondo.
La Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze ha il dovere di raccogliere, conservare e far conoscere le testimonianze scritte della nostra cultura, nell’ottica di tramandare anche alle future generazioni la memoria della nostra civiltà.
Garantire ai lettori di oggi e di domani l’accesso a quanto perviene ogni anno per deposito legale da parte degli editori significa verificare, registrare, catalogare e collocare nei magazzini circa 70.000 volumi e centinaia di migliaia di numeri di riviste e di quotidiani, un materiale che richiede annualmente circa due Km. di scaffali. I rapporti con gli editori e la ricerca delle opere non consegnate dovrebbero evitare le lacune delle quali soffriranno soprattutto gli studiosi futuri.
La conoscenza della nostra produzione editoriale deve essere assicurata anche internazionalmente mediante la produzione della Bibliografia Nazionale.
La Biblioteca Nazionale, che rappresenta la cultura italiana nella tradizione e nella contemporaneità, deve farsi carico di tutta la produzione editoriale, ivi compresa quella prodotta in digitale, che pone nuovi problemi tecnologici, legali e organizzativi per la raccolta, la catalogazione, la fruizione e soprattutto la conservazione nel tempo delle risorse elettroniche. Sin dalla fine dello scorso secolo la Biblioteca, consapevole della sempre maggior importanza dell’informatica, ha avviato studi e sperimentazioni in collaborazioni internazionali ed europee.
La ricerca in campo biblioteconomico a sostegno dell’intero sistema bibliotecario italiano, la produzione di strumenti per l’organizzazione del sapere, quali il Nuovo Soggettario, e la traduzione della Classificazione Dewey, i servizi innovativi ad un’utenza che si attende di trovare in Internet le opere digitalizzate, la conservazione e ove occorra il restauro dell’immenso patrimonio antico e moderno (talora è quest’ultimo il più fragile), la cooperazione internazionale richiedono un personale altamente specializzato e anche la disponibilità dei vecchi bibliotecari ormai in pensione a trasmettere quanto non si impara sui libri ma per affiancamento.
Il Ministro per i beni culturali, conoscendo la vastità dei compiti della Nazionale, dovrebbe reintegrare l’organico, portandolo a circa 500 unità (che sarebbe comunque quasi un quinto del personale delle consorelle biblioteche nazionali di Francia, Inghilterra o Germania). Se tutte le biblioteche sono strumento di democrazia, in quanto permettono ai cittadini di formarsi un’opinione informata, la Biblioteca Nazionale, mantenendo la memoria del pensiero e degli avvenimenti che hanno costituito l’Italia, fornisce gli elementi sui quali basare la conoscenza di noi stessi, nella consapevolezza che, solo partendo dalla nostra identità e dai nostri valori, possiamo confrontarci proficuamente con altre culture.
Antonia Ida Fontana
Scheda:
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
La Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, la più importante biblioteca italiana ed una delle principali al mondo, costituisce il deposito della memoria e l’archivio della nostra cultura scritta sia umanistica sia scientifica. I compiti di raccolta, conservazione e valorizzazione del patrimonio, accompagnati dagli indispensabili studi bibliografici e biblioteconomici, ne fanno il centro e motore di un sistema informativo con il compito primario di organizzazione del sapere.
Il patrimonio bibliografico è costituito da circa 8.000.000 di volumi, 125.000 testate di periodici, 25.000 manoscritti, 1.000.000 di autografi, 4.000 incunabuli, 29.000 edizioni del ‘500, se li disponessimo su uno scaffale ideale coprirebbero la distanza da Campobasso a Frosinone.
La BNCF riceve, o almeno dovrebbe ricevere, per diritto di stampa, insieme alla consorella romana, tutto quanto si pubblica nel nostro Paese, compresi i documenti digitali di interesse culturale. Raccoglie così ogni anno circa 70.000 volumi e 10.000 testate di periodici e quotidiani.