Quando si parla del XV° secolo a Venafro, il pensiero va dritto al Conte Enrico Pandone ed al Castello che domina dall’alto la città e che dallo stesso personaggio prende il nome, appunto il Castello Pandone. Un abbinamento dovuto allo spessore storico di Enrico Pandone, al suo peso sociale dell’epoca ed alla enorme passione del Conte per i cavalli, che fece affrescare a dimensioni naturali al piano nobile del maniero rendendo la struttura particolare ed unica, tant’è che a distanza di secoli il complesso viene visitato da tanti anche in ragione dei magnifici quadrupedi “presenti” al suo interno. Amava a tal punto i cavalli, Enrico Pandone, che li faceva dipingere con le loro stesse magnifiche bardature colorate all’interno del proprio Castello sia che li regalasse ad altri dignitari e sia che li ricevesse in dono da principi e potenti del tempo. Ne andava fiero, era potente il giovane Enrico Pandone ed aveva amicizie forti, prima che un brutto giorno cadesse in disgrazia sino ad essere decapitato a Napoli a soli 34 anni, reo di aver sostenuto la parte politica soccombente. Da citare solo Enrico Pandone nel XV° secolo venafrano, ossia nella città all’estremo ovest del Molise? No! C’è un altro personaggio, questa volta di genere femminile, di cui però poco si dice, si scrive e si parla, nonostante che la sua vicenda umana e politica, storicamente avvenuta prima di quella del Conte Enrico, sia altrettanto di rilievo. Ed allora soffermiamoci sul soggetto. Trattasi di Jacovella da Celano, Contessa di Celano (Abruzzo) e di Venafro, in carica appunto nel XV° secolo. Nasce a Celano nel 1418 da Nicolò da Celano e Maria Marzano, appartiene alla dinastia Celano e muore a Venafro prima del 1471 ; le cronache e i documenti dell’epoca non permettono purtroppo d’indicare l’anno esatto della scomparsa. Vive quindi all’incirca mezzo secolo e di lei così scrive Stefano di Wassam nella “Lettera a Covella” (il nome della nobildonna veniva spesso parzialmente modificato) : “Tra le cose passeggere ne trovo solo una tale da rappresentare l’immagine della vita celeste, e cioè solo l’amore, che un evento fisico non altera, una separazione non separa, la distanza del tempo non annulla”. Jacovella da Celano si sposa una prima volta nel 1424 con Odoardo Colonna senza avere figli, quindi intorno al 1439 circa seconde nozze con Jacopo Caldora ed anche in questo non mette al mondo eredi, che invece arriveranno in numero di tre (ossia Ruggero, condottiero e Conte di Celano, Pietro, umanista, e Isabella) dal terzo matrimonio di Jacovella, contratto tra il 1440 ed il 1445 con Lionello Accrocciamuro. Da dire che Jacovella è stata l’ultima esponente della famiglia dei Celano, il cui nome deriva dall’omonima contea posseduta, a sua volta discendente dalla casata dei Berardi, detti Conti dei Marsi, che vantavano a loro dire una particolarità: essere discendenti addirittura di Carlo Magno! Jacovella, di cui mancano certezze assolute anche sull’anno di nascita, una volta scomparso il padre Nicolò ed allontanatasi la madre Maria sposatasi col capitano di ventura Muzio Attendolo Sforza, sebbene giovanissima diviene erede dei beni dei Celano. Nel 1424 per superiori finalità aristocratico/politiche Jacovella sposa Odoardo Colonna, nipote di Papa Martino V. La loro convivenza si protrae per un triennio dopodiché, morto Papa Martino V, la giovane scappa da casa Colonna senza consumare il matrimonio, probabilmente “per difetto di età ed impotenza”, stando ad alcune fonti. Jacovella chiede comunque al nuovo Papa Eugenio IV l’annullamento del matrimonio per sposare in seconde nozze Jacopo Caldora, 70enne ma in grado di proteggere Jacovella e la sua contea dalle mire espansionistiche dei Colonna. Nel 1439 però, tre mesi dopo tale secondo matrimonio, la giovane rimane vedova. In tale periodo Jaconella conosce il nipote del Caldora, Lionello Accrocciamuro, che sposa tra il 1440 ed il 1445 sfidando censure e condanne. Ennesima vedovanza però per Jacovella, questa volta nel 1458. E da vedova, governa da sola la contea di Celano e cresce i tre figli Ruggero, detto Rogerone, Pietro ed Isabella. La produzione architettonica, artistica e religiosa di Jaconella, di fede cattolica, é intensa e notevole nel periodo in cui domina. Nella seconda metà del XV sec. fa completare il secondo piano e i tre torrioni cilindrici del Castello di Celano, quindi tra il 1424 ed il 1435 ai tempi di Odoardo Colonna fa decorare la Chiesa di San Giovanni Battista a Celano e restaurare Santa Maria in Valle Porclaneta a Rosciolo. Come pure vengono attribuite a lei ed al terzo marito Lionello Accrocciamuro la costruzione del forte corrispondente alla Chiesa di San Francesco e l’edificazione delle Chiese di S. Maria Valleverde e San Michele Arcangelo a Celano. Analogamente la giovane contessa si adopera per la realizzazione della Basilica di San Bernardino dell’Aquila e di tant’altre opere in ambito religioso, dando in tal modo prova della sua profonda fede religiosa cattolica. Ma per la donna si avvicinano tempi brutti! Il figlio Ruggero, morto il padre Lionello, rivendica a se ogni diritto sulla Contea di Celano, arrivando ad assediare la madre a Gagliano Aterno, dove la donna si è rifugiata una volta rimasta vedova. Dopo alterne vicende e la strenua difesa di Jacovella, questa viene catturata il 17 novembre 1462 ed imprigionata. In base a talune fonti la donna é rinchiusa nel Castello di Ortucchio, mentre altre riferiscono del palazzo fortificato di Castelvecchio Subequo. Ruggero Accrocciamuro intanto confisca il tesoro del maniero di Celano per finanziare l’assedio di Sulmona dell’amico Jacopo Piccinino ma, persa la battaglia e salito al trono Ferrante d’Aragona, tanto l’Accrocciamuro che il Piccinino vengono esiliati, mentre la Contea di Celano viene data ad Antonio Piccolomini Todeschini, che sposa poi la figlia del Re, Maria. Le storie personali degli altri due figli di Jacovella solo in parte sono note : si sasoprattutto del figlio minore Pietro, appassionato di letteratura, scienza ed arti. Dopo le vicende di Gagliano Aterno e con l’assedio della madre da parte del fratello Ruggero, lo si ritrova a Venezia con l’umanista Paolo Marso a seguire le lezioni del maestro Pomponio Leto. E Jacovella ? Di sicuro le viene confermato il Contando di Venafro nel Molise, di cui appunto diventa Contessa. Ed a Venafro l’ormai 50enne Jacovella da Celano vive i suoi ultimi anni. Muore prima del 1471, concludendo la propria esistenza nel Castello di Venafro che diverrà, decenni dopo, dimora e sede di potere sociale e politico del Conte Enrico Pandone, prima della sua caduta in disgrazia e della tragica morte per decapitazione. Questa in sintesi è stata Jacovella, Contessa di Celano e Venafro nel XV° secolo : donna coraggiosa, cattolica ed intraprendente, incappata suo malgrado nelle malvagità del figlio primogenito Ruggero Accrocciamuro. Una pagina di storia assai significativa, quanto appena esposto, che conferma la consistenza socio/politica di Venafro e dei personaggi che vi sono vissuti nel corso del tempo.
Tonino Atella