Il risarcimento del danno nei casi di silenzio della p.a. Parte – XIV CAPITOLO I. Natura ed elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità nei casi di silenzio della P.A.
La rubrica a cura di Riccardo Segamonti
1.2.3 Il procedimento di formazione del silenzio inadempimento
Il modello adoperato dalla norma in esame (l’art. 117 c.p.a) è quello decisionale già introdotto dalla legge 205/2000[1] al fine di accelerare la definizione del procedimento giurisdizionale[2].
Si precisa che la differenza fra la «decisione ordinaria» e la «sentenza in forma semplificata» risiede nel fatto che le prime, a differenza delle seconde, devono offrire contezza di tutti i motivi di fatto e di diritto contenuti nelle prospettazioni delle parti, e non possono limitarsi al solo profilo «di fatto o di diritto ritenuto risolutivo»(art. 74 c.p.a.)[3].
Altra questione si pone qualora sopravvenisse un provvedimento amministrativo espresso in pendenza del ricorso avverso il silenzio rifiuto art. 117 che prevede espressamente, nella sua nuova versione, la possibilità di proporre motivi aggiunti disponendo la conversione del rito[4].
Inoltre, la proposizione dell’azione risarcitoria nel processo avverso l’inerzia dell’amministrazione prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo predominava il principio di non cumulabilità dell’azione di risarcimento con quella intesa all’accertamento dell’illegittimità dell’inerzia amministrativa[5].
Secondo un orientamento giurisprudenziale minoritario[6]invece veniva accolta la proposizione della domanda risarcitoria in sede di impugnazione del silenzio rifiuto. A fare luce intervenne il legislatore con gli artt. 32 e 117, comma 6 bis, c.p.a. che rispettivamente hanno previsto il cumulo di domande nello stesso giudizio e la possibilità di proporre azione di risarcimento del danno nei casi di silenzio della P. A. (con la condizione che il rito speciale avverso il silenzio debba essere convertito in rito ordinario)[7]. Perciò il giudizio avverso il silenzio può essere definito dal giudice amministrativo con rito camerale e potrà trattare la domanda risarcitoria con il rito ordinario. In questo senso il giudice dovrà emettere una sentenza parziale, con la quale acclarare la violazione del dovere di provvedere e disporre con separata ordinanza la prosecuzione del processo, previa conversione del rito.
La
conversione da rito speciale a rito ordinario avviene tramite l’emanazione di
un ordinanza con fissazione dell’udienza.
[1] Invero, l’istituto della decisione in forma semplificata fu originariamente introdotto dall’art. 9 della legge n. 205/200 che aveva novellato l’art 26 della legge n. 1034/1971. Secondo R. MONTE FUSCO, La sentenza in forma semplificata, in B. BASSANI, R. VILLATA, Torino 2012, il Codice invece si è discostato da tale impostazione, perché ha optato per una diversa collocazione sistematica. Invero, i riferimenti si rinvengono nell’art. 60 che disciplina in ambito cautelare i presupposti per accedere alla cd. “conversione del rito” e la possibilità di addivenire alla definizione immediata del giudizio, e nell’art. 74 che disciplina l’ambito di operatività dell’istituto.
[2] Verso il nuovo processo amministrativo, Commento sistematico alla legge 205/2000, a cura di V. Cerulli Irelli, G. Giappichelli, Torino 2001, pp. 259 ss.
[3] Così efficacemente F. PATRON GRIFFI, La sentenza …, con riferimento al previgente 64 Reg. Proc.
[4] Sull’istituto dei motivi aggiunti si veda C. MIGNONE, I motivi aggiunti nel processo amministrativo, CEDAM, Padova 1984.
[5] E. QUADRI, Tutela contro l’inerzia della pubblica amministrazione, in Codice del processo amministrativo, a cura di R. Garofoli, G. Ferrara, II, Nel diritto, Roma 2010, p. 1618.
[6] TAR Lazio, Roma, II bis, 09.09.2005, n. 6786
[7] R. CHIEPPA, Il codice del processo amministrativo, Giuffrè, Milano 2010, p. 529.