Il Pnrr, il return on investment e l’articolo 53 della Costituzione
L’ingegnere francese Georges Augustin Albert Charpy (1865 – 1945), formatosi all’ Écòle Polytechnique di Parigi, fondata dal matematico Gaspard Monge (1746 – 1818) a molti noto per il suo metodo di rappresentazione grafica detto delle proiezioni ortogonali, è colui che ideò la macchina (pendolo), nota con il suo cognome, mediante la quale viene eseguita la prova meccanica di laboratorio detta di resilienza. Si tratta di una prova dinamica, prova d’urto, convenzionale e normata (UNI EN ISO 148) per la determinazione dell’energia assorbita, a temperature anche diverse da quella ambiente (fragilità alle basse temperature), nella rottura (prova distruttiva) da una barretta prismatica standard (10x10x55 mm) dotata, sulla mezzeria di una delle sue facce rettangolari, di un intaglio a V con caratteristiche ben definite.
Il termine, tralasciando l’analisi filologica, si è esteso oltre l’ambito della reologia (comportamento dei materiali) e della resistenza dei materiali, per assumere anche il significato, figurato e metaforico, di capacità umana di risposta agli eventi traumatici.
In questa ottica si colloca il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che, partendo dalla devastante vicenda della pandemia da COVID 19, testimonianza dell’essere la globalizzazione interazione, come ci spiega tra l’altro la paleoantropologia, elabora una strategia articolata in riforme e missioni, avente il suo baricentro nel NEXT GENETATION EU, per il quale deve concretizzarsi, in un quadro di inclusione e coesione (missione 5) la coniugazione tra innovazione e sostenibilità, come rapporto equilibrato scientificamente fondato e politicamente governato, con tutti gli ecosistemi, improntato, dunque, sull’efficienza energetica e l’impiego diffuso delle energie rinnovabili, tenuto conto dell’ineliminabile vincolo e dei connessi rischi della irreversibilità.
Un modello di riferimento, a tale riguardo, introdotto dalla Direttiva 2010/3 1UE, nota come EPBD (Energy Performance of Building Directive), è l’ edificio a energia quasi zero (NZEB – Nearly Zero Energy Building), cioè “un edificio ad altissima prestazione energetica (modesti valori delle trasmittanze, delle superfici opache e trasparenti, e correzione dei ponti termici) in cui il fabbisogno energetico, molto basso o quasi nullo è coperto in maniera significativa da energia da fonti rinnovabili prodotta in situ.” In altre parole la ottimizzazione minimizza l’energia impiegata riducendo fortemente le dissipazioni e localizzando la produzione e la distribuzione dell’energia, conducendo a ciò che potremmo chiamare la puntualità degli impianti.
La sua rilevanza è strettamente connessa agli obiettivi dell’accordo sul clima, COP 21 di Parigi, per confermare quanto appena detto è utile, ex post, citare il dato quantitativo riportato nell’ Allegato 2 al Piano d’Azione Nazionale per incrementare gli edifici a energia uassi zero, del 13.11.2015, il “settore civile, come indicato nel PAEE (Piano d’Azione per l’Efficienza Energetica) 2014, contribuirà all’obiettivo nazionale totale al 2020 per una quota pari a 4.9 Mtep/anno, suddiviso nel settore residenziale e non residenziale”. Precisando, per doverosa chiarezza e completezza, che l’acronimo Mtep (Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) è l’unità di misura energetica, impiegata tanto in campo tecnico che economico, rappresentativa della quantità di energia ottenibile con la combustione di un milione di tonnellate di petrolio.
Oltre l’efficienza energetica c’è un altro “luogo”, ugualmente decisivo, per la interazione positiva tra innovazione e sostenibilità ambientale: quello della mitigazione dei rischi, idraulico, idrogeologico, sismico, vulcanico ecc., secondo l’approccio probabilistico attuale che definisce il rischio (R) come “prodotto di probabilità”, ovvero di probabilità condizionate di eventi compatibili e dipendenti (o condizionati, appunto), di tre fattori di rischio che operano simultaneamente senza che il verificarsi di uno di essi escluda quello degli altri due (compatibilità), mentre l’accadere del primo condiziona in senso probabilistico quello del secondo e l’accadere di quest’ultimo quello del terzo: la pericolosità – hazard (H) specifica del sito, la vulnerabilità (V) dei manufatti e dell’ambiente ed, infine, la esposizione (E) intesa come densità di popolazione, edilizia e di risorse naturali, economiche e culturali.
Quindi R = HxVxE, per cui la probabilità del rischio è il prodotto della probabilità che accada un evento pericoloso, avente una data severità, per la probabilità (condizionata) che, verificatosi quell’evento pericoloso, si determini un certo scenario di danno, per la probabilità, infine, anche essa condizionata, che dato quello scenario di danno, sia presente una certa esposizione (vite umane, beni economici e valori culturali); e la dinamica tra innovazione e sostenibilità ambientale si sviluppa da una parte nella costruzione di una descrizione statistica, che correli la pericolosità di eventi accaduti ai relativi periodi di ritorno (TR, curve di pericolosità), sulla quale fondare una rappresentazione probabilistica degli eventi pericolosi, che consenta, eventualmente valutata pure la incidenza dell’azione umana, di ridurre la probabilità di accadimento, agendo perciò a livello di prevenzione; dall’altra nella ricognizione, ovviamente operata sul territorio, degli altri due fattori, V ed E, determinanti il prodotto del rischio, per mettere in campo tecnologie capaci di ridurre la propensione al danno dell’esistente, agendo, in questo caso, a livello di protezione e conseguendo il risultato della conservazione attraverso la conoscenza che diviene consapevolezza di quanto gli esseri umani acquisiscono con il lavoro imparando ad attingere alla natura per abitare la Terra senza renderla inospitale.
La formulazione del Piano, per il suo successivo effettivo sviluppo ha richiesto il reperimento di risorse da destinare al sostegno degli investimenti da associare, appunto, alle progettate riforme e missioni. La procedura adottata per il detto reperimento è stata l’emissione di titoli obbligazionari UE, cioè di titoli di debito con i quali il sottoscrittore acquisisce la qualifica di creditore nei confronti dell’emittente.
Il fatto che accanto al rimborso, a scadenza dell’obbligazione, del suo valore nominale vi sia una remunerazione periodica: le cedole, non colloca fuori dell’orizzonte di questa attività finanziaria le problematiche tipiche del return on investiment.
Infatti, ogni amministratore pubblico, nel pianificare e programmare la realizzazione di opere pubbliche, cioè di interesse generale, coinvolge in modi diversi l’intera collettività, affrontando nel contempo due questioni, l’una politico – culturale e l’altra economico – finanziaria.
La prima è la willings to pay, ovvero la propensione a pagare tributi per partecipare alla spesa pubblica, l’altra è la ability to pay, ossia la capacità di pagare il tributo.
Quali sono, pertanto, gli elementi caratterizzanti di una prassi amministrativa democratica ed ecologica? Da un lato la graduazione del contributo necessario al sostenimento della spesa (Co. art. 53 c. 1), dall’altra il coordinamento tra una progettazione esecutiva, contestualizzata dal punto di vista ambientale e storico – culturale, ed una esecuzione accurata, che attraverso il corretto dimensionamento e la scelta dei materiali appropriati e qualitativamente migliori, richieda, magari, un costo iniziale d’impianto maggiore, ma consenta di procastinare quanto più possibile il primo intervento di manutenzione.
Tant’è che le Norme Tecniche per le Costruzioni (DM 17.01.18 – NTC 18) al punto 2.1 stabiliscono che: “Le opere e le componenti strutturali devono essere progettate, eseguite, collaudate e soggette a manutenzione in modo tale da consentirne la prevista utilizzazione, in forma economicamente sostenibile e con il livello di sicurezza previsto dalle presenti norme”.
Inoltre, al punto 2.4.1 stabiliscono che: La vita nominale di progetto VN di un’opera è
convenzionalmente definita come il numero di anni nel quale è previsto che l’opera, purché soggetta alla necessaria manutenzione (messa in conto del degrado, endogeno o esogeno, tra le azioni classificate in base al modo di esplicarsi e capace al pari delle altre di indurre stati limite in una struttura) mantenga specifici livelli prestazionali.”
È quindi rilevante il ruolo che le NTC riconoscono alla manutenzione ai fini della durabilità
(capacità della costruzione di mantenere, nell’arco della vita nominale di progetto, i livelli prestazionali per i quali è stata progettata, permettendo, allo stesso tempo, di rendere massimo il rapporto tra i benefici ed i costi, che oltre ad accelerare il ritorno dell’investimento, nel rispetto dei vari vincoli, in primis quelli ambientali, radica nella collettività il convincimento della necessità della partecipazione, della solidarietà e perciò del riconoscimento del nostro essere sociale, storicamente determinato ma aperto al futuro attraverso l’autentica e rispettosa considerazione delle nuove generazioni.
In tal modo i contenuti, ex multis, degli artt. 2, 9 (come modificato dalla legge costituzionale 11.02.22 n.1) e 53 della COSTITUZIONE trovano concreta espressione nell’agire consapevole di una comunità eticamente, socialmente, economicamente e politicamente orientata verso l’interesse generale: la forma più alta di costituzione materiale, riprendendo, per concludere, la dottrina di Costantino Mortati (1891 – 1985) della costituzione in senso materiale, “ tentativo di legare la normatività della costituzione alla effettività della volontà politica ed all’idoneità (idoneità non teorizzata o postulata, ma pretesa e vissuta) di questa a porsi come principio vitale e fonte di ordine effettivo, e sempre rinnovantesi, della vita della comunità.” (F. Modigno, Il concetto di costituzione, in Scritti in onore di C. Mortati, 1977).
Agostino Corallo