“Il Mio Presepe”: fino al 6 gennaio la mostra testimonianza di antiche usanze

Rivive lo stupore che fu di San Francesco a Greccio, al Museo dei Misteri a Campobasso. Per antonomasia luogo della tradizione, come ogni anno, anche quest’anno, sarà visitabile fino al 6 gennaio la mostra “Il Mio Presepe” di Giovanni Teberino. Presepi unici, che raccontano una storia che da individuale diviene collettiva, testimonianza di antichi usi. Diversi anche i presepi rievocanti gli ingegni (per tutti, “L’otto dicembre”, che con la mezzaluna ed il globo terracqueo ricorda il mistero dell’Immacolata Concezione). La semplicità, il calore del Natale di un tempo, ma anche il raccoglimento del focolare. È stato questo il lietmotiv dei piccoli pezzi di artigianato artistico esibiti. Quest’anno anche uno, dal titolo “Vecchio Castello”, dedicato ad Adriano Parente, il cantore dei brani campobassani, recentemente scomparso. Molto suggestivo “Il Pettirosso”, che, secondo la tradizione, si tinse del sangue di Gesù crocifisso. E spazio anche all’attualità, all’oggi che abbisogna di sempre più fratellanza, di abbattere quei muri che, immotivatamente, quasi quotidianamente, erigiamo. “Il Muro della Vita” sta proprio a significare questo. Mentre “L’arcobaleno” rimanda al girotondo variopinto di tutte le culture del mondo. E “La madre” esprime l’amore di chi ci ha generato, nell’atto di far visita ad un figlio carcerato (scena che ci riporta, inevitabilmente, al mistero del San Leonardo). Ci sono presepi che fanno rivivere le nostre origini contadine, come “Il Grano”, che simboleggia l’abbondanza, con tanto di setaccio e di farina, oppure “A braccia aperte”, con una casina che fa riapparire, ai nostri occhi, i casolari di un tempo, dove non esisteva “sicura” per le porte. Tutto è curato nei minimi dettagli, rappresentazione veridica di un tempo andato, ma vivissimo nelle memorie di molti. E da tramandare alle generazioni dell’oggi. Ramazze, paolini, mattoncini, tecniche di cesello e di pittura, fanno del Custode degli Angeli un vero e proprio artista, che ci insegna anche l’arte del conservare: in “Vecchio scarpone”, una vecchia scarpa logora, con una spazzola, ci ricorda lo scorrere del tempo e l’inizio di un nuovo anno, se solo si pensa che, nelle nostre case, le vecchie scarpe venivano bruciate, la notte di Capodanno, per buon augurio. Suggestivo il percorso, che si snoda dalla sala “Cosmo Teberino” con gli ingegni spogli (a Cosmo è, peraltro, dedicato un presepe, “Il Padre”, che rievoca il calore del focolare) fino alla saletta interna, ed è fiancheggiato dalle riproduzioni dei misteri del di Zinno che non ressero al collaudo, custodite in un’apposita teca. E così “Il Mio Presepe” ci consegna, alla fine, l’immagine, nitida, della dolcezza e della tenerezza del Natale, facendoci, al contempo, riflettere sull’importanza della tradizione, e di un mondo privo di diseguaglianze, dove sentirci davvero tutti fratelli.

Francesca Muccio