Grano dall’Ucraina: tornano le divisioni in Europa sulle importazioni 

In anno le esportazioni di prodotti agroalimentari ucraini sono aumentati in maniera esponenziale e i Paesi confinanti rispondono con l’applicazione di veti

di Giusy Spadanuda

Eravamo a fine luglio 2022 quando Russia e Ucraina firmavano distintamente l’accordo con l’ONU per l’istituzione di due corridoi sicuri che da Odessa e da altri due porti ucraini, Pivdennyi e Chornomorsk, avrebbero fatto confluire grano ucraino in sicurezza senza bisogno della scorta russa. L’intesa, coordinata dal governo di Ankara, pare però abbia ormai le ore contate e la solidarietà dimostrata finora dagli altri Stati europei non sembra più così convincente. 

Negli ultimi giorni infatti diversi dei Paesi più vicini ai confini ucraini hanno imposto un veto temporaneo all’import di alcuni prodotti ucraini tra cui il grano che, nell’ultimo anno di guerra, ha assunto un ruolo fondamentale di definizione del prezzo relativo sui mercati mondiali. Una decisione totalmente controversa rispetto a quella assunta durante lo scorso anno quando, a seguito dell’accordo di Istanbul, l’UE aveva eliminato i dazi sull’importazione per favorire l’ingresso del grano nei Paesi Occidentali. 

Lo scontro di posizione parte  da Polonia e Ungheria i quali ritengono che il prezzo del grano ucraino sia rivenduto nel resto d’Europa ad un prezzo talmente basso da creare i presupposti di una concorrenza sleale a danno dei loro agricoltori. Il divieto sulle importazioni di grano pare essere l’unica soluzione nazionalista al problema, e le elezioni polacche di novembre aumentano il fiato sul collo del primo partito di estrema destra che da 8 anni spadroneggia nelle circoscrizioni rurali del Paese e che non può rischiare di perdere l’appoggio degli agricoltori. 

Ad unirsi al veto contiamo già Slovenia e Slovacchia e dal 24 aprile anche la BulgariaGalab Donev, primo ministro bulgaro, ha spiegato che il divieto è necessario per porre rimedio al grande volume di grano bulgaro rimasto invenduto dallo scorso anno, e ha aggiunto che sul grano proveniente da Kiev si sono rilevate tracce significative di pesticidi vietati ormai da tempo nel territorio europeo. 

Insomma, scopriamo solo ora che il rischio di “carestia” che ci presentavano un anno fa allo scoppiare della guerra in realtà forse così drammatico non era. Il conflitto russo – ucraino e il conseguente blocco delle navi nel porto di Odessa a fine aprile 2022 ha prodotto una falla nel commercio con tutti i presupposti per una bolla speculativa, e come i Paesi confinanti stanno facendo notare, questo processo non ha altro che causato un grave e temporaneo innalzamento del livello dei prezzi di cui ora stanno pagando i conti. 

Ucraina e Commissione Europea sono alla ricerca di una soluzione con il primario obiettivo di evitare l’intromissione della Russia in una situazione di forti divisioni commerciali nazionali: il rischio che la Russia affermi il venir meno del sostegno europeo all’Ucraina e che ne tragga vantaggio sul piano internazionale è forte. 

Al momento la proposta della Commissione di prorogare fino a giugno 2024 la sospensione dei dazi per i beni agroalimentari ucraini non è stata accettata dal blocco dei Paesi più a est, e nel frattempo insorge il pericolo che a questi si unirà ben presto anche la Romania che ha già sollecitato misure di contenimento dell’import di prodotto ucraini. Nemmeno il ricorso alla prima tranche del Fondo Anticrisi previsto dalla Politica Agricola Comune pari a 56 milioni di euro sembra essere riuscito a placare gli animi. 

dati della Commissione Europea di dicembre 2022 parlano chiaro e a quanto pare Polonia Bulgaria li hanno visionati per bene: dallo scoppio della guerra, l’Ucraina si è guadagnata in un anno il terzo posto per Paese esportatore di prodotti agroalimentari nel territorio europeo, con un aumento tendenziale dell’88%. A studiarla sui libri si parlerebbe di una manovra protezionista e come tale i Paesi dell’Europa Orientale stanno cercando di combatterne gli effetti con un’altra altrettanto protezionistica di contingentamento. Nel frattempo dalla Cina arrivano i primi segnali di una corsa all’acquisto, in vista di un provvedimento del governo volto a proteggere i prezzi interni del grano aumentando quindi gli stock di grano. Attendiamo quale sarà il risvolto nel Bel Paese in concomitanza con l’inizio della campagna di mietitura.