Gli 80 anni di Mazzola e l’anti sportività dei tatuati

di Sergio Genovese

Sandro Mazzola ha compiuto 80 anni! Per quelli della mia generazione lui e Gianni Rivera hanno rappresentato il simbolo calcistico degli anni sessanta e settanta. Andando oltre la bacheca fornitissima per entrambi, viene facile affermare che erano due campioni messi in contrapposizione dalla stampa sportiva pur avendo gestito la rivalità con uno stile inconfondibile. Sandro Mazzola figlio di Valentino e Gianni Rivera sono stati dimenticati dal calcio italiano mentre in tanti si sarebbero aspettati per loro ruoli di rappresentanza legittimamente certificati dalla grande e bella storia che hanno scritto. Rappresentavano un modello di calciatore più a misura d’uomo, il loro calcio che faceva impazzire un giorno si ed un giorno no, Gianni Brera ed Antonio Ghirelli, era più autentico, meno incline allo spettacolo fine a se stesso e più serio. Mazzola e Rivera ricevevano tanti calci, a terra ci finivano quando la batteria dei falli diventava insopportabile. Se la testa sanguinava il tempo di montare il turbante per ritornare subito in campo. Forse i professionisti di oggi, cioè quelli che guadagnano fior di quattrini e si riempiono di tatuaggi, farebbero bene a rivedere le immagini di quell’epoca per comprendere la gravità di certi  atteggiamenti che davvero disgustano per l’ anti sportività  perpetrata senza ritegno. Mi capita spesso di turbarmi alla visione di presunti atleti che dovrebbero fare  dello scontro un motivo di orgoglio resistendo al dolore e all’impatto tra caviglie come fanno quelli che invece della sfera utilizzano l’ovale. La immagine che tracima è quella di poveretti che colpiti di striscio, rotolano per quattro cinque metri  urlando, strepitando  e dando a chi li osserva, la sensazione di aver subito un infortunio di grave entità. Poi il replay dimostra che quel tale calciatore si mantiene la testa pur avendo subito un colpetto alla spalla. La simulazione avanza nelle cortecce cerebrali dei tatuati senza che qualcuno li rimbecchi per denunciare la loro    deprimente slealtà. Rimangono impuniti  mentre sarebbe facile stanarli con la Var. Ad ogni tentativo di simulazione di qualsiasi tipo l’arbitro dovrebbe estrarre il cartellino rosso. Non ci vorrebbero progetti illuminati dalla scienza di Cape Canaveral, basterebbe seguire certi  umili consigli per ridimensionare lo scempio. Uno dei nostri giovani migliori, alfiere della Nazionale,  Nicolò Barella, sta diventando lo zimbello  del web in un video dove si vede lui che calpesta Rabiot ma poi si accascia a terra per confondere l’arbitro. Assurdo! Ritornando a Sandro Mazzola  ed ai suoi 80 anni, come poter dimenticare quel calcio raccontato da Nicolò Carosio, che quando “Sandrino” partiva con i suoi scatti repentini s’infiammava al punto che il suo trepidare arrivava dalla tribuna giù ad Helenio Herrera che se vedeva un giocatore a terra invece che farlo assistere gli imponeva di rimettersi in piedi senza tante ciance. Non ne doveva fare molti di questi interventi perché i calciatori di allora, senza tantissimi soldi, senza un solo tatuaggio, finivano le partite con le caviglie gonfie come meloni senza che nessuno se ne accorgesse.