Giuseppe, la figura più silenziosa e riservata del presepe

di Giuseppe Carozza

Da sempre l’immagine di san Giuseppe nei presepi occupa un posto centrale e, nello stesso
tempo, quasi marginale. Sì, perché se è fuor di ogni dubbio il ruolo da lui svolto a livello sia
giuridico sia, soprattutto, teologico nelle vicende dell’infanzia del Redentore, è altrettanto vero
che ci si trova di fronte ad uno di quei casi, davvero unici e singolari, in cui di un personaggio pur
così rilevante non si riporta (almeno a livello dei Vangeli sinottici, un po’ diversa è la situazione per
i cosiddetti Apocrifi, dei quali però non è questa la sede in cui discutere) alcuna frase né
affermazione: la sua forza è la concretezza di una fede silenziosa e tuttavia sempre in movimento.
Di Giuseppe l’evangelista Matteo ci dà questa scarna e, allo stesso tempo, luminosa definizione:
uomo giusto (Matteo 1,19). La sua figura, in ogni caso, ci viene incontro da lontano, dai primi passi
della storia della salvezza, quando un altro Giuseppe, figlio di Giacobbe, invidiato e venduto dai
fratelli, si ritrova schiavo in Egitto. Ma il Signore veglia sulla sua vita e fa di lui, che silenziosamente
ha patito ingiustizia, il provvidenziale strumento di salvezza per i suoi stessi fratelli, perdonati e
giustificati dalla sua fede. Il suo nome percorre tutta la Scrittura, nel corso della quale la storia del
popolo eletto procede in modo tortuoso, tra fedeltà e infedeltà all’alleanza, tra idolatria e fragili
movimenti di conversione; è una storia segnata da guerre ed esili, da schiavitù e oppressione, ma
anche rischiarata da una luce di speranza: la promessa del Messia.
Così, di fede in fede, ecco la grande pagina biblica che segna la svolta: <<Genealogia di
Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco …>> e attraverso una lunga
sequenza di generazioni, si giunge all’ultimo anello: <<Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di
Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo>> (Matteo 1, 1-2.16). Questi tre nomi – Giuseppe,
Maria, Gesù – stanno all’inizio della storia nuova. Con loro si compie il passaggio dalla promessa al
suo compimento, dall’attesa alla pienezza dei tempi. Ora, questo meraviglioso inizio è stato
possibile grazie all’Eccomi del Figlio alla volontà del Padre (cf Ebrei 10,7); grazie al Sì di Maria
all’annunzio dell’angelo (cf Luca 1,38); grazie alla silenziosae piena disponibilità di Giuseppe,
<<uomo giusto>>, perché non oppone resistenza alla volontà di Dio, ma la compie con gioia (si
legga al riguardo Matteo 1,24-25; Salmo 1,2).
San Giuseppe dunque, promesso sposo di Maria, ci viene incontro nell’ora più oscura della
sua vita come uomo di fede, magnanimo e prudente. Come la sua promessa sposa, lungi dal
lasciarsi sopraffare dagli eventi li custodisce nel cuore e li medita, attendendo luce per agire
secondo la volontà di Dio. Pur nella burrasca che travolge la piccola barca della sua vita, <<in pace
si corica e subito si addormenta>>, perché ha piena fiducia nel Signore (cf Salmo 4,9). Tuttavia,
non si sprofonda nel sonno, quasi a voler dimenticare le angosciose preoccupazioni che
incombono su di lui; al contrario, nel sonno il suo cuore veglia. Per questo nella voce dell’angelo
che gli appare in sogno sa subito discernere la volontà di Dio che è luce ai suoi passi. Allora, subito
si alza e subito compie quanto gli è stato detto di fare. Non esita neppure un attimo per dire il suo
sì. Ancora una volta, Maria e Giuseppe sono profondamente uniti dal sacro vincolo
dell’obbedienza a Dio, cui nulla antepongono.
Svegliatosi dal sonno, Giuseppe è ormai l’uomo pronto per la sorprendente missione cui
Dio lo ha chiamato: assumere la paternità legale di Gesù ed essere il fedele custode del Bambino e
di Maria, sua Madre. Nel modo di vivere questa sua vocazione traspare il suo volto interiore, la sua

figura di “uomo di Dio”. Umile e silenzioso, si fa servo dei servi di Dio, con una disponibilità
premurosa e costante, di giorno e di notte, mai attirando lo sguardo su di sé, ma attento ai segni di
Dio, al suo progetto, non al proprio. Ricevuta pertanto la missione, ecco che inizia anche per
Giuseppe una “peregrinazione nella fede” (papa Francesco). Le tappe del suo “pellegrinaggio”
sono esemplari anche per il nostro quotidiano cammino di vita cristiana, nei suoi imprevisti
avvenimenti, che spesso ci trovano impreparati e perciò ansiosi o ribelli, mentre l’umile
accettazione di quanto accade potrebbe diventare grazia per molti. Giuseppe ci insegna la
preziosità di essere docili strumenti nelle mani di Dio che, fiducioso, ci affida i suoi tesori.
Da Nazareth, subito Giuseppe deve partire insieme a Maria, sua sposa, perché – come
annota accuratamente l’evangelista Luca – un decreto di Cesare Augusto ordinava che si facesse il
censimento “su tutta la terra”. Anche Giuseppe, allora, <<salì in Giudea alla città di Davide
chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide>> (Luca 2,4).
Mentre erano lontano dalla loro casa, si compirono per Maria i giorni del parto. Ma a Betlemme
non c’era posto per loro. Così il Salvatore del mondo nacque <<fuori della città>>, in una stalla,
quasi presagio della sua morte <<fuori di Gerusalemme>>. La grotta diventa, pertanto, a poco a
poco casa accogliente e ospitale per tanti poveri e qui, in questa sosta nel pellegrinaggio, in
obbedienza di fede alla voce dell’angelo, è Giuseppe a dare al neonato Bambino il nome Gesù, che
significa “Dio salva”. Poi però, pian piano, di Giuseppe, comincia ad affiorare solo il silenzio. Ma il
Vangelo ci offre la sua più bella icona, quando Gesù viene chiamato <<figlio del falegname>>. San
Giuseppe visse così pienamente la sua missione e, nell’atmosfera soffusa e familiare del Natale,
continua a trasmetterci l’idea di un padre amato, di un padre nella tenerezza, nell’obbedienza e
nell’accoglienza; padre dal coraggio creativo, lavorativo, sempre nell’ombra. In tale ottica questa
straordinaria figura, centrale in ogni presepe, continua ad essere tanto vicina alla condizione
umana di ciascuno di noi.