Francesco Longano: l’idea del pensatore illuminista nel documentario curato da Andrea Ortis e Gianmario Pagano
Il Comune di Ripalimosani protagonista di una profonda, inusuale, concreta iniziativa culturale
di Vittoria Todisco
“Francesco Longano, l’arte del pensare” il documentario sulla vita, il pensiero e le opere del filosofo illuminista del Settecento, nato a Ripalimosani, è stato presentato al pubblico domenica 5 marzo in quella che è la sala più ampia del Cinema Maestoso, mai così gremita.
Il docu-film scritto da Gianmario Pagano e Andrea Ortis che ne ha curato anche la regia restituisce alla conoscenza dei cittadini di Ripalimosani e al Molise intero, una importante figura storica, quella di un abate rivoluzionario dotato di un senso di innata libertà intellettuale tale da criticare, in modo aspro, le diseguaglianze sociali a cui la popolazione non solo molisana, anche meridionale, veniva condannata costretta da condizioni di povertà e di arretratezza generata da una differente quanto ingiusta distribuzione delle ricchezze. Longano, benché sacerdote, stigmatizza i comportamenti della Chiesa, venendo a sua volta condannato dalle gerarchie ecclesiastiche. Condannava lo sfarzo di cui essa faceva uso, la perseveranza attraverso la quale teneva sotto giogo l’essere umano imponendo un concetto di morte, piuttosto che migliorarne l’esistenza, perseguendo l’idea che bisognava operare con sacrifici per guadagnarsi il premio della vita eterna.
Il documentario girato interamente a Ripalimosani è stato voluto dall’Amministrazione Comunale ed è stato finanziato attraverso il bando regionale Molise è Cultura. E’ il secondo tentativo, appagante e ben riuscito, da parte di questa piccola comunità, che sceglie di avvicinare il pubblico alla conoscenza della straordinaria figura di un sognatore illuminista attraverso una iniziativa che si appella alla cultura quale chiave di accesso alla scoperta e riappropriazione della propria identità. Anche più di trent’anni fa fu esperita un’ottima iniziativa, sempre voluta dal Comune di Ripalimosani, realizzando un volume, “Francesco Longano, la rivolta di un abate” promosso dall’allora assessore alla cultura Virginia Maurizio. E’ stata l’intera comunità, in vario modo, a mettersi a disposizione per la realizzazione del progetto che sul finire dell’estate scorsa ha trasformato le strade, i vicoli, le piazze del paese in set cinematografico. Andrea Ortis si è avvalso di un buon numero di esperti per realizzare l’opera. Studiosi come appunto Gianmario Pagano docente, sceneggiatore con il quale ha realizzato lavori teatrali come il musical la Divina Commedia. Francesco Lepore giornalista, ex latinista papale presso la segreteria di Stato ed ex ufficiale della biblioteca apostolica vaticana. L’architetto e storico Franco Valente che ha inquadrato dal punto di vista artistico e storiografico Ripalimosani. Antonella Iammarino giornalista che ha trattato con straordinario afflato poetico l’arte dei funai, l’antico mestiere che fino alla metà del ‘900 costituiva la più importante fonte di reddito per la gente del paese, mestiere, probabilmente, praticato anche da Dorotea Gentile, la madre di Francesco Longano. Gianni Manusacchio regista, sceneggiatore, ideatore dell’associazione “Simposio Ripa” animatrice di iniziative culturali e sociali, che ha ricoperto il ruolo di guida alla scoperta dell’antica bellezza e la suggestione della chiesa degli Oblati.
Andrea Ortis, da par suo, è riuscito a confezionare un prodotto, seppure di carattere cinematografico, senza scadere nella banalizzazione della fiction. E facendo uso della raffinata eleganza dei suoi modi, e accogliendo la lezione di Piero Angela, è stato, unitamente ai suoi ospiti, sollecito nell’indirizzare un messaggio di carattere divulgativo, altamente culturale, soddisfacendo al tempo stesso le aspettative dell’Amministrazione comunale e regionale. Ortis ha tenuto a bada – pur rispettandolo – il pensiero che caratterizza i nostri amministratori, l’ossessione di tentare di sfatare il mito di un Molise che non c’è, che non esiste, cercando modi per attrarre turisti nel tentativo di invertire il fenomeno dello spopolamento attraverso nuove e più dinamiche opportunità di lavoro così da mantenere i giovani sul territorio. Il docu- film: “Francesco Longano, l’arte del pensare” seppur di carattere invitante non possiede la patinatura della cartolina illustrata, né tantomeno occhieggia al viaggiatore attraverso l’offerta golosa di salsicce e caciocavalli. Mette in mostra un paese lindo, armonioso, suggestivo nella successione di case che si abbracciano stringendosi l’una all’altra creando una geometria abitativa che si incastona nel breve spazio di un’altura che si affaccia su un panorama naturale, non disumanizzato dal consumismo, rimasto fedele al ritmo del passato attraverso i tratturi e il lento transito degli armenti. Ha proposto, invece, riuscendo in pieno nell’intento, la conoscenza del suo più illustre personaggio. Suggestiva, romantica senza scadere nella stucchevolezza, l’immagine del viaggiatore a cavallo che attraversa fiumi, percorre boschi e, del quale, non si scorge il volto –. Potrebbe essere il Longano il cui spirito sopravvive aggirandosi nello spazio del luogo natio ma, anche, ciascun viandante curioso di conoscere il mondo – . Ortis però non rinuncia ad inserire richiami critici nell’offerta di belle immagini, lo fa in modo simbolico: il portone chiuso della chiesa madre serrato da troppo tempo in attesa di un restauro che non si concretizza. E, si avvertono nelle conversazioni, specie quelle intrattenute con Franco Valente, significativi indirizzi verso la classe politica in generale, e quella molisana in specie, dotata di scarsa dinamicità operativa. D’altronde non poteva essere diversamente Francesco Longano non avrebbe accettato la distorsione del suo pensiero né la vanificazione del messaggio che ci ha trasmesso: la costruzione di una società ideale come quella immaginata per la sua Filopoli caratterizzata da un puro egualitarismo secondo i riferimenti propri di Rousseau. Sì perché Longano in pieno Settecento e, poiché di umili origini, diventa sacerdote e per poter continuare a studiare entra nella massoneria. Appassionato di etica e filosofia, allievo del Genovesi gli succede alla cattedra di commercio all’Università di Napoli e nell’incipit del ”Viaggio dell’abate Longano per lo Contado di Molise” si incontra l’idea di una città dell’amore e dell’amicizia, la comunità della città di Filopoli, posta sopra il Matese, che Longano descrive secondo uno stile fantascientifico nella sua struttura urbanistica, proiettandosi nel 1950.
A Filopoli c’è armonia, modernità al punto di immaginare la cremazione, non la sepoltura dei defunti e, la popolazione vive del proprio lavoro che viene svolto in parità tra uomo e donna. Costei è libera di studiare, come di scegliere chi vuole sposare e, anche divorziare.
Ancora oggi, nel primo ventennio di questo millennio che tanto strazio ci procura, è possibile assistere alla magia di veder uscire da una delle case di Ripalimosani un manoscritto del Longano. A raccontare l’episodio è stato Francesco Lepore, autore di numerosi studi sul cristianesimo di età medievale e moderna. Quando il Longano pur essendo sacerdote ha abbracciato la massoneria, già allora dichiarata fuorilegge nel regno delle Due Sicilie e condannata dalla Chiesa, si iscrisse a ben tre logge. Ricevette allora, da un editore austriaco, la proposta di scrivere un saggio sul Purgatorio che sarebbe stato pubblicato in tre lingue: italiano, latino e francese. Stiamo parlando del “Purgatorio ragionato” saggio attraverso il quale il Filosofo molisano: “compie una riflessione sull’uomo naturale e, un catechismo sociale in grado di proiettare la riflessione etica in una prospettiva moderna e ricondurre l’attenzione sul tema dell’uguaglianza “; saggio che non riuscirà mai a superare i rigori della censura”. Ebbene secoli dopo, nel 2005, per uno di quegli strani scherzi del destino approda nel luogo più inatteso: la Biblioteca apostolica vaticana, la proposta di acquisto del manoscritto del Longano da parte di un cittadino ripese. Lo straordinario documento è oggi conservato nella prestigiosa Biblioteca vaticana e può essere restituito alla lettura di studiosi e critici.
Nulla, o quasi, si sa sulla morte del Longano ma Franco Valente da inguaribile curioso è riuscito a scoprire attraverso uno straordinario quanto introvabile certificato di morte che è stato avvelenato per mano proprio di un alto esponente del clero. Il capitolo su Francesco Longano dunque è aperto a nuovi studi e ricerche e di questo non si può non ringraziare il Comune di Ripalimosani.