Foibe, sono all’incirca cinquemila gli italiani morti nelle cavità carsiche
Nel 1943 ebbero inizio i massacri delle Foibe per mano dei partigiani jugoslavi, che si protrassero sino al 1947
di Gabriella Felice
Nel 1943, dopo tre anni di guerra, la situazione italiana era molto critica: il 5 Luglio del 1943, il regime fascista di Mussolini, con la riunione del Gran Consiglio dei Fascisti, decretò il proprio fallimento determinando lo scioglimento del Partito fascista e lo sfaldamento delle Forze Armate italiane.
Nei Balcani, particolarmente in Croazia e Slovenia, il crollo dell’esercito italiano aveva fatalmente coinvolto le due capitali, Zagabria (Croazia) e Lubiana (Slovenia), ed è proprio qui che presero il sopravvento i partigiani di Josip Broz, conosciuto con il nome di “Tito”.
La prima ondata di violenza esplose l’8 settembre 1943, in Istria e in Dalmazia, dove i partigiani jugoslavi, si vendicarono dei fascisti che, nell’intervallo tra le due guerre, avevano amministrato questi territori con durezza e crudeltà, imponendo un’italianizzazione forzata, reprimendo e osteggiando le popolazioni slave locali.
Con il crollo del regime, i fascisti e tutti gli italiani non comunisti vennero considerati nemici del popolo, prima torturati e poi gettati nelle foibe. Si stima che morirono all’incirca un migliaio di persone, le prime vittime di una lunga scia di sangue: in questo modo Tito e i suoi uomini diedero inizio alla campagna di riconquista di Slovenia e Croazia.
Fino alla fine di Aprile del 1945 i partigiani jugoslavi erano stati tenuti a freno dai tedeschi, che avevano dominato Serbia, Croazia e Slovenia con metodi violenti e repressivi come stragi e rappresaglie. Il crollo del Terzo Reich diede il via libera agli uomini di Tito per l’occupazione dei territori italiani. Nella primavera del 1945 l’esercito jugoslavo prese possesso dell’Istria (fino ad allora territorio italiano) e puntò verso Trieste, per riconquistare i territori che, alla fine della Prima guerra mondiale, erano stati negati alla Jugoslavia.
Tuttavia Tito e i suoi uomini non riuscirono a portare a termine l’obiettivo della conquista di Trieste, poiché vennero ostacolati dalla Divisione Neozelandese del generale Freyberg. Il rancore degli uomini di Tito si scagliò contro uomini inermi, dando inizio ad una vera e propria strage di sangue.
Tra il Maggio e il Giugno del 1945 migliaia di italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia furono obbligati a lasciare la loro terra. Altri furono uccisi dai partigiani di Tito, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati.
I primi a morire nelle foibe furono carabinieri, poliziotti e guardie di finanza, nonché i pochi militari fascisti della RSI e i collaborazionisti che non erano riusciti a fuggire per tempo.
Le uccisioni avvenivano in maniera spaventosamente crudele. I condannati venivano legati l’un l’altro con un lungo filo di ferro stretto ai polsi, e schierati sugli argini delle foibe. I primi tre o quattro della catena, venivano uccisi a raffica di mitra, precipitando nell’abisso e trascinando con sé gli altri sventurati. Erano, così, condannati a sopravvivere per giorni sui fondali delle voragini, sui cadaveri dei loro compagni tra sofferenze inimmaginabili.
Il 10 febbraio 1947 con la firma del trattato di pace di Parigi, l’Italia consegnò alla Jugoslavia numerosi territori a maggioranza italiana come: Zara, Dalmazia, isole del Quarnaro, Fiume, Istria e parte della provincia di Gorizia.
In questo modo si concluse questo tragico episodio della storia.