Fil Rouge, oggi l’interrogatorio di garanzia alle sorelle Rossi

Intanto emergono altri particolari sull’inchiesta condotta dalla Polizia Tributaria della Finanza di Isernia

Causa l’assenza del giudice titolare dell’ufficio, Arlen Picano, sarà lo stesso presidente del tribunale, Enzo Di Giacomo, che oggi condurrà l’interrogatorio di garanzia alle due sorelle Rossi, finite ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta ”Fil Rouge” della Guardia di Finanza e della Procura di Isernia.

Le due sorelle, Clara ed Edda, saranno assistite dal loro legale, Stefano Cappellu, che non ha voluto anticipare nulla sulla strategia difensiva, ma che ha analizzato la copiosa documentazione allegata all’ordinanza di arresto ed ha già preannunciato il ricorso al tribunale del Riesame o della Libertà, qualora la misura cautelare restrittiva fosse confermata dal presidente del tribunale, anche dopo l’interrogatorio di garanzia. Sempre Enzo Di Giacomo condurrà l’interrogatorio anche alle altre cinque persone con l’obbligo di dimora.

Intanto, sull’altro fronte, quello delle indagini, emergono ulteriori particolari portati alla luce dagli uomini del tenente colonnello Stoico. Tutto ha inizio, casualmente, con un accertamento dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di una delle tante società del gruppo, avente sede a Giugliano, in provincia di Napoli, intestata a un’anziana signora, oggi 91enne, madre delle sorelle Rossi. L’azienda presenta la dichiarazione per l’annualità fiscale chiusa al 31 dicembre 2011 senza indicare dati contabili, pur in presenza di operazioni imponibili per complessivi 738mila euro e un’Iva di 155mila euro. Ma le stranezze sono tante: la società, costituita nel 2010, omette di presentare la dichiarazione dei redditi dopo soli due anni di vita. Senza contare il deposito del bilancio di esercizio presso la Camera di Commercio, mai avvenuto. Le irregolarità finiscono sul tavolo della procura, che inizia a indagare sull’ipotesi che quello del Gruppo Rossi sia un vero e proprio “sistema di fare impresa”. Fondato sul meccanismo delle società ‘cartiera’, ovvero aziende non realmente operative, ma aventi puramente lo scopo di emettere fatture fittizie per operazioni infragruppo. Gli inquirenti, perciò, scandagliano un mare di fatture e documenti contabili – almeno quelli che riescono a trovare – per giungere alla conclusione che, dal 2012, tutte le società del gruppo avrebbero presentato dichiarazioni con l’indicazione di elementi passivi fittizi, ottenendo così crediti Iva non dovuti grazie a fatture per operazioni rivelatesi inesistenti. Il credito di imposta sarebbe stato poi utilizzato in compensazione per il pagamento di tasse, ritenute d’acconto, contributi previdenziali e assistenziali.