GENNARO VENTRESCA
A ben guardare, la beffa di domenica scorsa, rapportata a quelle atroci del passato, è ben poca cosa. Mettendo da parte la dabbenaggine con cui i ragazzi si sono fatti uccellare per ben due volte nell’arco di 50 secondi, con l’arbitro già pronto a indicare le docce, non c’è affatto paragone con ciò che è accaduto in altre due situazioni che hanno letteralmente mutato la storia del nostro club.
Sempre in casa, purtroppo, siamo stati costretti a incassare i più duri sganassoni.
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Correva la stagione 1986-87, l’ultima della nostra B. A quattro domeniche dalla
fine arriva a Selva Piana la spensierata Triestina di Ferrari. La vittoria per
i nostri risulta obbligatoria. Si parte alla grande: Robertino Russo segna due
volte e ci fa mettere i cuori in pace. Ma nella ripresa accade l’imponderabile:
un’autorete del giovane Evangelisti rimette in corsa gli alabardati che pochi
minuti dopo pareggiano con Jachini, attuale tecnico della Fiorentina, e De
Falco, tra lo stupore generale infila Bianchi per la terza volta. Evitiamo la
sconfitta segnando con Mollica un gol che coscienziosamente andava annullato.
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Il roboante punteggio non ci evitò di andare ai play out di Napoli, con Taranto
e Lazio. Per gli effetti della sconfitta di Bari (2-1), ai ragazzi non bastò
battere in casa il Modena e andare a pareggiare, con spalti deserti, a Messina.
Gli spareggi, come abbiamo imparato a conoscere, non sono mai stati nostri
alleati. Fu retrocessione, zeppa di rimpianti.
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Ma non finisce qui. Due anni più tardi. In C1, dopo aver tenuto bene il campo
con la promozione di Milite al posto di Rosario Rivellino, tra i peggiori
allenatori di sempre, ecco che si ripete l’imponderabile. All’ultima partita, a
Selva Piana, c’è da prendere almeno un punto con il Monopoli. Segna subito
Mitri e la pratica sembra chiusa. Macchè! Arriva la perfida ripresa. Nunziata
si macchia di un errore incancellabile e i pugliesi prima pareggiano con Melis
e poi ci beffano con Saracino che segna nella sua porta. Si va a Catanzaro a
spareggiare proprio col Monopoli che, gasato dalla prepotente rincorsa, ci
rifila quattro pere e si spedisce all’inferno.
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Altro orribile colpo di scena. A Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia, contro l’Igea Virtus inizia sotto i migliori auspici. Un’autorete ci apre la strada a una virtuale vittoria che si tramuta in incredibile sconfitta. Nei minuti finali i messinesi pareggiano e vincono addirittura con Tortora. Per la gioia di Pieroni, patron del Taranto che in borsa aveva portato in contanti un sontuoso premio a vincere per i siciliani. In C1 salì l’odiato Taranto, e gli spareggi ancora una volta ci furono ostili. Nel doppio confronto col Sora la spuntò la squadra ciociara, grazie a un rigore poco prima del gong finale.
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Altri tempi, altra atmosfera. La città coinvolta integralmente coi calci d’angolo. A interagire in tutti i ceti. Ecco, forse questo si aspettava il pacato Gesuè. Ma, carissimo patron, per far ribollire gli animi bisogna ricostruire l’ambiente. Non basta aver risvegliato (e poi deluso) un pugno di giovani, serve ben altro. Lo dico per la cronaca, senza metterci nulla di personale. Alle batoste, come avrà potuto leggere, sono abituato. Di quei cent’anni festeggiati così così io ne ho vissuti quasi tre quarti. Avevo i pantaloni corti, quando feci coppia con mio babbo per seguire domenicalmente i rossoblù.