Dopo 180 anni chiude Lupacchioli, cala il sipario sullo storico caffè cittadino

GENNARO VENTRESCA

CAMPOBASSO. Neanche il tempo di consumare il cappuccino e il cornetto di Capodanno che si sono spente le luci di Lupacchioli lo storico caffè della città. Improvvisamente, i gestori hanno abbassato le tendine alle quattro vetrine che campeggiano in Piazza Pepe, chiamata anche piazza Prefettura e, di recente, per bocca di chi firma questa nota, Piazza Polmonite, e hanno riconsegnato le chiavi al proprietario dell’immobile. Un duro colpo al capoluogo che, un po’ alla volta, si sta sfaldando, perdendo anche i pezzi più pregiati. Era successo anche in passato di scrivere della crisi del caffè più importante di Campobasso. Che rimase chiuso per mesi. Ma dopo un laborioso restyling e il cambio di gestione, si ripresentò al pubblico, ripromettendosi un rilancio in piena regola. Un rilancio che, fatti alla mano, non si è mai avuto. Il cambiamento delle abitudini, degli scenari – nella piazza ormai ci sono altri tre bar – e la discutibile managerialità mostrata dai conduttori non hanno determinato lo scatto previsto. La storia. Lupacchioli aprì nel 1840, ben 180 anni fa. Puntando sul taglio elegante e raffinato ci mise poco a diventare leader cittadino del settore. Gli ampi spazi per il servizio in piedi, i tavolini nella saletta, e la raffinatezza degli arrendi lo fecero salire al primo posto, tenendo a bada il sopraggiungere del Bar Adua al Corso e il Bar Milk di Piazza Vittorio Emanuele. Il Caffè porta il nome del suo fondatore, proveniente da Sassinoro, in provincia di Benevento. I veterani ricordano ancora la classe e la signorilità dell’avvocato Vincenzino Lupacchioli che seppe dirigere con mano sicura l’azienda, portandola a produrre pregiata pasticceria fresca e dolci artigianali. Oltre ai celebri liquori, Milk e Poncho. Per arrivare alle delizie natalizie che hanno riscosso successo anche in campo extraregionale. Sino a quando gli affari lo hanno permesso la cassa è stata sempre staccata dal bancone. I cassieri più ricordati sono stati Nora Petrella, fresca e luminosa bellezza locale, e Giovannino Ianera, in perenne doppiopetto. Tra i camerieri è il caso citare Tonino Ellenico, svelto e sempre sorridente, Emilio Colitti, Renato Scoccimarra e Aldo, oltre a Costantino Bagnoli. Tra i pasticcieri si distinse Fuso che insegnò il mestiere a tanti allievi, tra cui l’attento e rispettoso Domenico Del Buono. Le cattive condizioni di salute del titolare, nel 1977, anno in cui morì a Roma, Lupacchioli passò la mano al dottor Pasquale Amoroso, già commerciante di mobili che si adeguò in fretta e gli affari andarono al meglio, con la sua scomparsa sono cominciati i problemi gestionali. Prospettive. Giova ricordare che il locale che dispone anche di un ammezzato per gli uffici e deposito, sino a qualche anno fa è stato di proprietà della Provincia, per passare a un imprenditore del ramo alimentare senza esperienze con caffè, aperitivi e dolci. Da qui la perplessità dell’attuale proprietà a trovare la strada maestra. Allo stato dell’arte si lavora per trovare una società del ramo, ma non si esclude una soluzione interna, al figlio del proprietario.

Foto. Pagina Fb: “Come eravamo Campobasso City”