Autonomia differenziata e organici, l’allarme della Flc-Cgil: “Il personale in servizio durante il Covid non è stato riconfermato e le scuole sono ripiombate nell’emergenza”. Lanciata anche la raccolta firme per la modifica costituzionale al ddl Calderoli
“Con l’istruzione regionale sarebbe negato l’esercizio del diritto allo studio in maniera uguale su tutto il territorio nazionale e si realizzerebbe un doppio regime tra quello nazionale e quello regionale”. Il segretario generale della Flc-Cgil Abruzzo-Molise punta il dito contro il disegno di legge Calderoli e contro la legge di Bilancio 2023 che “ha messo nero su bianco la volontà del governo di realizzare i progetti regionalistici da sempre vessillo della Lega”. Ma “la scuola è di tutti e tutti insieme dobbiamo salvaguardare questo diritto e torneremo in piazza per farlo capire”.
In particolare, “si vuole costruire un organico regionale del personale scolastico, bandire concorsi regionali, regionalizzare da subito la dirigenza scolastica, costruire contratti regionali, differenziare gli stipendi su base territoriale e intervenire sulla mobilità sottraendo la materia alla negoziazione sindacale. La Flc Cigil – conclude La Fratta – ribadisce il proprio no a qualsiasi ipotesi di regionalizzazione della scuola”
In Molise, “non ci piace fare le Cassandre, ma le criticità immaginate si stanno manifestando – ricorda la segreteria regionale della Flc-Cgil, Fabrizia D’Urbano – tanto che a settembre 2022 il personale in servizio durante il Covid non è stato riconfermato e questo ha fatto ripiombare le scuole nell’emergenza: ci sono 58 Ata su 162, mentre per i docenti è stato garantito almeno il turnover; 1073 precari contratto a 30 giugno o 31 agosto; 201 docenti e 67 Ata andranno in pensionamento e, sul sostegno ci sono 1334 posti, di cui 578 in organico di fatto, ovvero – chiosa – quello derivante dalle modifiche che l’organico di diritto può subire dopo la scadenza delle iscrizioni da parte degli studenti”.
Tutto considerato, “siamo pronti alla mobilitazione – annuncia il segretario della Cgil Paolo De Socio – e utilizzeremo ogni strumento, dalla mobilitazione allo sciopero, per rimettere l’uguaglianza al centro dei processi sociali”. Ma un primo passo, in questo senso, è la proposta di legge di iniziativa popolare per la modifica dell’articolo 116 comma 3 della Costituzione (50mila le firme necessarie). Con il ddl Calderoli “si vuole cristallizzare e portare estreme conseguenze il concetto di potestà concorrente tra Stato e Regioni su diverse materie – spiega l’esponente del coordinamento per la Democrazia Costituzionale, Michele Barone – con queste ultime che trattengono le risorse fiscali, specialmente quelle più grandi. Il fondo perequativo può funzionare se si stabiliscono precisamente i fabbisogni standard (minimo per erogare i diritti fondamentali), ma si tratta di un calcolo matematico complesso affidato al Dpcm, atto monocratico del presidente Meloni. Noi invece proponiamo di scrivere che gli stessi siano “giustificati dalle specificità del territorio, non più su iniziativa della Regione, ma sentita la Regione interessata. In pratica la Sanità passa allo Stato, nel senso che fa le leggi, ma non si occupa di amministrazione. Le Regioni invece – chiude Barone – si occuperebbero di assistenza e organizzazione sanitaria, non di diritti che sarebbero sanciti dallo stato, esattamente come la scuola”. (adimo)
