Declino dell’empatia e ascesa del narcisismo nell’epoca dei social

L’empatia è quella facoltà che permette di comprendere lo stato d’animo o la situazione emotiva di un’altra persona, di “mettersi nei suoi panni”, presupposto per porre in atto comportamenti di vicinanza emozionale. Normalmente presente fin da quando siamo piccoli, essa testimonia una intrinseca e fisiologica capacità di base di connessione tra le persone. Quindi è quella disposizione che permette di creare quei legami sociali senza i quali non c’è società o comunità, ma solo un aggregato di individui ognuno per conto suo.

Il narcisismo invece è l’atteggiamento di chi tende a esaurire la propria personalità nella esclusiva considerazione ed esaltazione di sé, ovvero di chi si “innamora” della propria immagine, come nel mito di Narciso. Ciò può portare la persona restare indifferente agli altri, ad ignorarne o disprezzarne il valore e le opere. 

Empatia e narcisismo sono chiamati direttamente in causa in questo periodo di Covid 19. L’empatia perché il distanziamento nega la vicinanza emozionale e non può essere colmato dalla vicinanza virtuale. Il narcisismo invece rende le persone con questi tratti meno propense a seguire le restrizioni del Covid-19 in quanto, dovendosi sempre distinguere, sono i più propensi a rifiutare le restrizioni che mettono in discussione il loro senso di controllo e di potere e sono propensi a preoccuparsi esclusivamente degli aspetti negativi che riguardano loro stessi, come il dover indossare una maschera o di limitare gli spostamenti.

Di questi due tratti di personalità si è occupata Sara Konrath, Ricercatrice presso l’Università del Michigan, nonché direttrice dell’IPEAR, (interdisciplinary Program on Empathy and Altruism Research), la quale ha diretto uno studio volto a valutarne l’evoluzione su un periodo di trenta anni,  su circa 14.000 studenti dei college americani elaborando i dati con il metodo della Cross Temporal Meta-Analysis: è emerso  un notevole calo della capacità di provare empatia che si è ridotta di ben 40% in trenta anni, con un crollo soprattutto dopo l’anno 2000, ed un concomitante aumento del tratto “narcisismo” nello stesso campione. 

Questi dati sul calo dell’empatia sono stati confermati negli ultimi anni da numerose altre ricerche svolte sia su studenti senior dei college, che su matricole universitarie. Inoltre, ricerche su campioni rappresentativi della popolazione generale hanno messo in luce che le persone nate dopo gli anni ’80, mostrano un grado di empatia più basso di tutta la popolazione trasversalmente. 

 Recentemente, nel dicembre 2019, nella pagina Podcast del sito dell’APA (American Psychological Association), è apparsa un’intervista a Sara Konrath la quale individua, a suo parere, due grandi categorie di fattori:

  • La prima categoria di fattori è l’esposizione ai social media che concorre ad incentivare il lato narcisistico e la mancanza di empatia. Per esempio, una ricerca del 2018 presentata dalla stessa Konrath ha evidenziato che le persone che si muovono più facilmente a compassione passano meno tempo sui social media rispetto alle persone più ego-centrate e narcisistiche. Viceversa, è stato altresì visto che chi ha difficoltà a percepire e ad elaborare le proprie emozioni utilizza i social media molto più spesso di chi è maggiormente in contatto con i propri sentimenti e le proprie emozioni. Altre recenti ricerche evidenziano che l’esposizione ai video games o ai media violenti anestetizza le persone alla sofferenza altrui.  
  • L’altro gruppo di fattori è collegato alla forte pressione che oggigiorno viene esercitata nel mondo della scuola e del lavoro, basata sulla redditività ed il successo professionale. L’atmosfera ipercompetitiva e piena di aspettative di successo veicolata anche dai social media determina un contesto che agisce contro l’andare piano e l’ascolto di chi necessita di un po’ di vicinanza. Questa atmosfera pervade anche il mondo giovanile. Oggi, nella nostra società, il valore di una persona si misura nella capacità di raggiungere i propri obbiettivi professionali e quasi per niente nella qualità delle sue relazioni umane e sociali o per la sua etica.  

Il quadro generale che emerge è che in un mondo che si descrive come sempre più connesso, i giovani – vale a dire la società di domani – appaiono sempre più “disconnessi”!

In effetti, non è infrequente anche da noi osservare giovani che si ritrovano in una pizzeria o in un fast-food, tutti attorno allo stesso tavolo e ognuno a “dialogare” con il proprio smartphone senza scambiare parola o sguardo con gli altri. Non c’è alcuna condivisione, alcuna comunicazione fra loro ed ognuno è assorto o meglio, “catturato”, dal suo schermo. 

E come non notare la somiglianza tra il comportamento di una persona “catturata” dallo schermo del proprio cellulare e quello descritto nel mito di Narciso, catturato anche lui dalla sua immagine riflessa in uno specchio d’acqua? 

Se questa, a grandissime linee, è la situazione psicologica e sociale in cui versa il nostro mondo, cosa si può fare? 

Per la Konrath sono moltissimi i modi per accrescere l’empatia in noi, ad esempio: 

  • Praticare un’arte: musica, pittura, ecc….
  • Un’attività che può aiutare ad essere più empatici è nell’ accudire un animale o un minore in difficoltà o dei bambini in quanto, proprio la pratica dell’interazione con un altro essere che non può esprimere con delle parole le sue difficoltà o suoi bisogni può essere un esercizio a sintonizzarsi con essi, ad immaginare le loro necessità. 
  • Altro strumento è la lettura in generale e la narrativa in particolare in quanto ci allena ad immaginare la vita di altre persone. Nella narrativa è come se si aprisse una finestra su quanto avviene nella mente di un altro e ci fa vedere il mondo con i suoi occhi. 
  • Favorire ogni esperienza che ci faccia porre l’attenzione al presente e in particolare ad aspetti come il proprio vissuto, al linguaggio del corpo, alla voce, alle espressioni del viso, alle emozioni proprie e dell’altro. Ciò è utilissimo contro il calo di empatia.

Nato a… in Burkina Faso, dove è rimasto sino al conseguimento  del baccalaurea.

L’esperienza in Africa ha reso la mente di Carlo eclettica ed empatica, qualità che ha arricchito con la competenza scientifiche laureandosi a Padova in Psicologia clinica. Ad un training analitico-junghiano ha aggiunto ricerche ericksoniane per approdare alla meditazione che pratica nella sua professione.

Le esperienze lavorative nel campo pubblico e privato, e nella ricerca al CNR di Pisa ne fanno un professionista sensibile ai cambiamenti socio-psicologici.

Collabora con l’Associazione Alesia2007onlus dal 2019.

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