CUCINA – Koji: il fungo del sake che diventerà un trend

Vi conviene segnarvi il suo nome perché questo sarà un food trend del 2017.
Si chiama koji, è un fungo, e a detta di David Zilber, sous chef al Noma di Copenhagen, ci cambierà la vita. O forse lo sta già facendo, visto che in quello che è stato uno dei ristoranti più famosi e rivoluzionari del mondo, lo tengono in uno dei tanti contenitori nel laboratorio di fermentazione.

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Koji è il nome giapponese, ma in latino questo fungo filamentoso è detto Aspergillus oryzae. È possibile che non l’abbiate mai sentito nominare, ma quasi certamente il sapore non vi è così nuovo – e molto probabilmente lo avete “bevuto”. Il suo gusto è paragonabile a quello di salsa di soia, miso, sake: detto in giapponese, è umami, il quinto che si somma a dolce, salato, amaro e aspro. È il sapore del glutammato, per intenderci.
Non si immagini infatti la forma classica del fungo, champignon o porcino che sia, ma piuttosto quella informe delle cose che più comunemente si definiscono muffe. Il koji cresce sui cereali cotti e in Giappone e Cina lo usano da millenni per fermentare cibi e bevande, come il sake.
La novità infatti, si intenda bene, è quindi per noi, e per il modo in cui nei ristoranti occidentali viene utilizzato, in modi che i maestri dell’Oriente non avrebbero immaginato.
In Oriente lo usano da millenni, per le cucine occidentali è una novità assoluta. Se si usa in Giappone per sake, in Europa e negli Usa è infatti un ingrediente usato per aggiungere sapore e fermentare. Carne inclusa.