Meno adesione agli screening oncologici ma migliori coperture vaccinali nel Centro Sud. Strutture più moderne al Nord, ma non senza problemi con le liste d’attesa. È un quadro di consolidata diversità fra regioni quello che emerge dal sesto Rapporto dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità, presentato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, proprio nel momento in cui le regioni spingono l’acceleratore per ottenere nuove autonomie, anche nel settore della sanità. Tema “delicato”, avverte il ministro della Salute Giulia Grillo, «sul quale è necessario un momento di confronto anche con cittadini e professionisti».
Sul fronte delle vaccinazioni antinfluenzali, ad esempio, nel 2017 si vaccinano oltre il 60% degli over 65 solo in Umbria, Calabria, Molise. Sono 6 le Regioni che non raggiungono la sufficienza sull’adesione agli screening oncologici nel 2016: Calabria, Puglia, Campania, Sicilia, Sardegna, Lazio.
Tra i temi delicati, quello del consumo dei farmaci equivalenti, molto maggiore al Nord rispetto al Sud, e quello della spesa per gli innovativi, che ha visto fare grandi passi in avanti da Campania e da Lazio. Grande è la diversità nella cura del diabete e delle cronicità.
Se, il quadro fornito da Cittadinanzattiva, attraverso dati provenienti da fonti istituzionali e report civici, mostra le disuguaglianze presenti, ancor peggio potrebbe andare in futuro, mette in guarda Tonino Aceti, coordinatore del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. Le proposte di autonomia differenziata, avanzate già da 8 Regioni «finiranno per aumentare le disuguaglianze di salute. Si stanno liquidando di fatto i principi di solidarietà, equità e unitarietà del Servizio Sanitario Nazionale».
Per questo, sottolinea Aceti, «chiediamo al ministro della Salute un tavolo di confronto sulle proposte di autonomia differenziata, che includa cittadini e professionisti del settore, al fine di valutarne gli effetti rispetto al diritto alla salute». Ipotesi che ha trovato subito l’appoggio della Grillo, che sottolinea la necessità di capire «le implicazioni a breve e lungo termine di questo percorso».
Un apertura accolta con favore dai rappresentati delle professioni, dalla Federazione degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (Fnopi) a Federfarma, passando per la dirigenza medica, dalla Anaao alla Cimo. «Il trasferimento di competenze – commenta Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo) – se condotto in maniera troppo netta e perentoria, confligge con la visione unitaria e solidaristica del servizio Sanitario Nazionale, mettendone in pericolo la stessa sopravvivenza». Al coro di preoccupazioni si unisce Silvestro Scotti, segretario della Federazione dei Medici di Medicina Generale (Fimmg). Quello che serve “è individuare i giusti contrappesi in termini di controllo”.