“Bambini dietro le S/barre”

L’Associazione “Alesia 2007” Onlus ed i suoi compagni di viaggio si propongono con questo intervento di avviare un percorso di dialogo e confronto riguardo alle madri in carcere con figli minori

Sono grata all’Amica Marina Ballo Charmet, di avermi offerto lo spunto per alcune considerazioni riguardo al tema doloroso e complesso dei “Bambini dietro le S/barre”. Abbiamo assistito ad una evoluzione nel tempo della normativa riguardante le Madri detenute.  Già  l’articolo 11 della Legge n. 354/1975 disponeva: “in ogni istituto penitenziario per donne sono in funzione servizi speciali per l’assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere. Alle madri è consentito di tenere presso di sé i figli fino all’età di tre anni. Per la cura e l’assistenza dei bambini sono organizzati appositi “asili nido”; a modifica del R.D. del 1931.  Con la “Legge Gozzini” del 1986 venivano  introdotti, come alternativi  alla detenzione, i permessi premio, l’affidamento al servizio sociale, la detenzione domiciliare, la semilibertà e la liberazione anticipata. In particolare la detenzione domiciliare poteva essere concessa ad una  madre con  figli di età inferiore ai tre anni e  con lei conviventi.  Nel 1998 veniva approvata la “Legge Simeone – Saraceni”,  con norme di migliore tutela del bambino e del rapporto con la madre.

Le madri di bambini fino ai dieci anni di età potranno così espiare la pena nella propria abitazione o in un altro luogo di privata dimora.  Pochi anni dopo, con la “Legge Finocchiaro” del 2001  venivano introdotte la detenzione domiciliare speciale e l’assistenza all’esterno dei figli. Per evitare l’ingresso in carcere dei bambini, con conseguente grave danno  al loro  sviluppo psico-fisico.  Le  misure alternative alla detenzione non risultano tuttavia applicabili alle donne rom, che non hanno residenza, alle donne tossicodipendenti, facilmente recidive, alle donne in attesa di giudizio.  La possibilità che il bambino passi alcune ore in asili fuori dal carcere, è minima, attesa la carenza di personale che possa accompagnare il bambino. E d’altra parte solo alcuni Istituti sono dotati di uno spazio interno destinato ad asilo nido. Peraltro la legge tutela in minore misura la relazione padre-figlio, con intuibili ricadute negative sullo sviluppo psico-fisico del bambino. La nuova legge, infatti, viene applicata anche ai padri solo nel caso in cui la madre sia morta o sia nell’impossibilità di assistere i figli. Se il padre del bambino è detenuto non vi è alcuna possibilità che si possa occupare del figlio o di avere contatti con lui, se non in caso di permessi premio. Deve comunque ritenersi che la permanenza di bambini nelle carceri con le madri sia una pratica contraria ai diritti umani fondamentali. Osserviamo poi come le leggi succedutesi nel tempo non abbiano avuto riguardo alla maternità come potenzialità futura. Lo stato di detenzione, infatti, per le donne mature e con una pena non breve da scontare, preclude la stessa possibilità di scelta della maternità. Laddove né la Costituzione, né l’ordinamento penitenziario contemplano la carcerazione come privazione della sessualità e della maternità. La Legge n. 61 del 2011 ha previsto che vi siano nelle carceri asili nido per i bambini fino a tre  anni. E l’innalzamento del limite di età dei bambini, che possono vivere in carcere con le loro madri da tre a sei anni.  La stessa Legge ha disposto la creazione di Istituti a Custodia Attenuata per detenute Madri, ICAM, esterni agli istituti penitenziari; con l’intento di evitare ai bambini un’infanzia dietro le sbarre.  E, tra gli altri, vi sono ICAM a Torino, ‘Lorusso e Cutugno’; Milano, ‘San Vittore’; Venezia, ‘Giudecca’; Cagliari e Lauro, Campania.  Negli ICAM il personale di sorveglianza è di sesso femminile e senza divisa.  E  sono sempre presenti  educatori, di entrambi i sessi, specializzati per la formazione alle madri ed  il sostegno nella relazione  con i figli. Gli spazi sono strutturati  secondo precisi criteri pedagogici.  I bambini possono anche  trascorrere del tempo fuori dall’Istituto, con familiari o  volontari.  Ma la legge n. 61 del 2011 ha anche previsto la permanenza  in “Case Famiglia Protette” delle donne, alle quali è stata applicata una misura cautelare, che abbiano figli minori di anni dieci.  Tale Istituto tuttavia è risultato di complessa applicazione, attesa la difficoltà di reperire strutture idonee e fondi per la ristrutturazione di quelle disponibili.  Merita annotare tra gli emendamenti al “Decreto giustizia”la disposizione che prescrive una rapida individuazione e realizzazione di nuove case famiglia protette, per madri con figli minorenni.  Per  tenere i bambini fuori dall’ambiente carcerario e per opportuni  percorsi di reinserimento con le loro madri.  Auspichiamo che la legislazione si evolva sempre più in aderenza ai principi costituzionali di uguaglianza, di tutela della famiglia e dei minori, di rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona in tutte le manifestazioni della vita. Nonché auspichiamo che i minori siano sempre più riguardati come “soggetti di diritto”.

Avv. ssa Anna Corallo

Foro di Firenze, Cofondatrice Sez. Terr. Firenze Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia, Presidente ‘Alesia2007’ Onlus, Contributo di ricerca: Dott. Emanuele Belardini coll. studio

<Alesia 2007> Onlus, Presidente:  Avv.ssa Anna Corallo Mob: 3398627130, Email: alesia2007onlus@gmail.com, Pec: alesia2007onlus@pec.it,  Web: www.alesia2007onlus.it, Fb: Associazione Alesia 2007